Adesso!
Adesso, cioè un attimo fa, un attimo di un attimo prima di adesso. Confortevoli secondi inscatolati dentro un piccolo istante di consapevolezza.
Teoricamente si dovrebbe fare finta di nulla…ma lasciamo correre.
Allora, che dite? Provo. Provo.
Siedo comodo, rilasso le braccia, chino il mento verso il petto, stendo le gambe, chiudo gli occhi, respiro…
Funziona?
Sembra di no.
Ricomincio: siedo comodo, rilasso le braccia, chino il mento verso il petto, stendo le gambe, chiudo gli occhi, respiro…
Qualcosa, qualcosa sento, qualcosa sta accadendo. Saranno passati pochi minuti. Aspetta. Sento un tremolio, un suono, una voce. Niente, falso allarme, quelli di giù.
Eppure.
Tutto è iniziato l’anno scorso.
Il mio amico Franz, Francesco Mazzara, che è dentista, ma ha studiato a Nuova Delhi (che forse non si chiama più così), riesce a controllare lo spazio del proprio tempo. Il respiro, dice, è la traccia, la prova dell’esistenza.
Inizi e finisci respirando.
Adesso, sostiene lui, noi uomini dovremmo avere la capacità, la pazienza di trattenere, il più a lungo possibile, il nostro respiro per avvicinarci all’origine delle cose.
Franz è un filosofo dentista.
I pazienti che vanno a curarsi da lui sono diventati anche suoi fedeli discepoli, cavie incoscienti, come i clienti di un megastore di sabato pomeriggio, non proprio giovanissime, ma determinate e coinvolte a seguire gli insegnamenti filosofici/pratici del proprio dentista. cavie incoscienti, come i clienti di un megastore di sabato pomeriggio
Sostiene Franz che l’intervallo catturato con questa tecnica, l‘adesso è l’adesso dell’universo, il silenzio è il tempo dello spazio che trattiene dentro di sé gli inizi e la fine di ciò che definiamo vita.
Proviamoci, ancora: siedo comodo, rilasso le braccia, chino il mento verso il petto, stendo le gambe, chiudo gli occhi, respiro…
Immobile, fermo…nulla.
La prima volta che ci incontrammo fu sulla linea dell’autobus 947, Stadio – Porta Felice.
Seduti accanto, iniziammo a parlare e finimmo la nostra chiacchierata dentro un bar del centro.
Descriverlo non è difficile, magro e secco come una canna, i suoi occhiali, montatura scura rotonda alla Woody Allen, sembrano scivolargli dal naso sferico, rugoso come una pallina da golf, capelli rasati e rossi, denti bianchi colore neve-ghiaccio, occhi grandi azzurri.
Riprovo: siedo comodo, rilasso le braccia, chino il mento verso il petto, stendo le gambe, chiudo gli occhi, respiro, niente da fare…
Da qualche mese, mi racconta, ha deciso di sopravvivere mangiando il minimo indispensabile, quasi nulla, invero.
Beve, unicamente, chinotto mischiato a succo di pere.
Si confeziona da solo la bevanda, di volta in volta, mischiando i due liquidi in una tazza da tè.
Tra un sorso e l’altro di questo cocktail, esercita i suoi programmi di trasmissione mentale, una corsa immobile verso un adesso da scoprire…
Dice Franz: occupiamo troppo spazio, il nostro corpo ruba aria, consuma risorse, energie e ingombra la terra… finiremo costretti a vivere uno attaccato all’altro, schiacciati, siamo troppi e siamo troppo grassi.
Lui ha deciso di dare spazio agli altri, una scelta responsabile per la sopravvivenza e futuro del nostro pianeta.
A me, la sua mistura fa schifo e allora da giorni inseguo solo la pratica dell’adesso.
Aspetta, da una settimana, la mia telefonata.
Ricomincio, ancora una volta: siedo comodo, rilasso le braccia, chino il mento verso il petto, stendo le gambe, chiudo gli occhi, respiro…
Mi addormento, anche questa volta.