Viaggio o mi sposto?
Il problema è che io non viaggio, più che altro mi sposto. Da un divano a un altro, da un letto all’altro, da una città all’altra. Da un continente all’altro.
Sono tipo una chiocciolona: infilo dentro al mio grosso guscio qualunque cosa e vado ma non esattamente all’avventura perché, contrariamente a ogni viaggiatore, inzeppo la mia valigia fino al limite massimo di chili consentiti.
E questo, forse, non sarebbe nemmeno un problema. Quello che veramente mi fa incazzare è che, quando me ne torno a casa, mi rendo conto che la maggior parte delle cose che mi sono portata non solo si sono rivelate inutili ma anche drammaticamente pesanti. E quindi rendono ogni spostamento una fatica ciclopica.
Un giorno, me ne sono andata nel deserto. Sì, proprio nel deserto, perché in India trovi tutto: dai ghiacciai ai deserti. E allora, con la mia metà leggera, ce ne siamo andati proprio lì, in mezzo ai cammelli e ai cammellieri baffuti.
La sera prima della partenza ero in gravi ambasce.
Cosa metto in valigia?
Inizia così un dialogo interiore, una specie di lotta intestina del “nonhonientedamettere” e “stoportandotropparoba”.
Nel deserto fa caldo. Sì, ma fa anche freddo perché di notte c’è l’escursione termica. E che fai? Non te la porti una cosetta bianca per evitare di sudare come un capitone? Ovvio. Ma dovrai portare anche un maglioncino. Ma se poi, magari, c’è una seratina un po’ romantica in mezzo alle dune? Dovrai pur avere un vestitino per l’occasione. E quindi pure uno scialletto. Perché, va bene il romanticismo, ma c’è pur sempre l’escursione termica e non sta bene crepare di freddo in mezzo a un deserto. Ma che scarpe si mettono nel deserto? Aperte? Chiuse? Di tela? Non vogliamo magari portare pure un paio di tacchi? E i calzini? E mentre si consuma questo dialogo, la roba che infilo in valigia cresce in proporzione inversa rispetto alla sua utilità.
Ma lo porto l’antizanzare? E la crema solare?
E mentre si consuma questo dialogo, la roba che infilo in valigia cresce in proporzione inversa rispetto alla sua utilità. Ma ovviamente non me ne rendo conto. Sono almeno venti anni che viaggio, avrò preparato diecimila valigie ma l’unica certezza è che non so farle.
Guardo di sottecchi il mio compagno d’avventura. Maledizione. Due camicie, un paio di pantaloncini, un paio di scarpe. È pazzo. Ha messo tutto in un trolley talmente piccolo che, se fosse mio, potrei al massimo infilarci una sciarpa.
“Hai portato troppa roba”
“Ma taci, va”
E così partiamo. Un bellissimo viaggio che ci porta a scoprire posti inimmaginabili di cui vi parlerò. Città blu, città dorate, villaggi piccolissimi con persone dal cuore grandissimo. Un’India un po’ nascosta ma così bella che ti fa venire voglia di spingerti ancora più in là, verso la sorpresa successiva.
Un’India a cui nemmeno le foto rendono giustizia, fatta di odori, sensazioni, sorrisi.
E poi il deserto. Questo deserto strano perché non ha le dune ed è pieno di antilopi. Arriviamo in jeep nel nostro accampamento. Io indosso una maglietta che risale al terzo anno di liceo e sono scalza.
In tenda fa caldo ma c’è un ventilatore. Mi ungo di antizanzare nella consapevolezza che non c’è manco un moscerino poiché il caldo e l’ambiente secco non li aiutano certo a campare. Ma perché ho portato tre tipi diversi di antizanzare?
Doccia al volo senza shampoo perché ho lasciato il beauty case in bella vista sul letto a casa, mi rimetto la roba di prima e di corsa a vedere dei musicisti che suonano sotto le stelle.
Romantico. Molto. Io ho un vestito per l’occasione che sta bello piegato in valigia. Insieme a quattro paia di scarpe. Continuo a tenermi addosso una maglietta bucata che inizia a odorare di cammello.
Non c’è ombra di escursione termica tuttavia c’è una piacevole temperatura che ricorda quella di Marte. Le scarpe chiuse non vanno bene, i sandaletti manco perché i laccetti fanno gonfiare i piedi al punto da farli sembrare due arrostoni. Quindi scalza.
I miei capelli sono un cespuglio di mangrovie e non ho il coraggio di dire alla mia metà migliore che non potremo nemmeno lavarci i denti perché ho dimenticato il dentifricio. In compenso, però, potrà mettersi un indispensabile canottiera di lana…
Lui non dice niente perché tanto tutte queste cose già le sa. Il dentifricio lo ha portato lui in quel trolley minuscolo, insieme a una minuscola bottiglietta di shampoo. Per farmi contenta, si mette un po’ di repellente per insetti sulle caviglie.
“Ho portato troppa roba”
“Forse”
Poi mi guarda con i suoi occhi grandi che mi ricordano che l’ultima delle valigie preparate è solo la prima di un altro viaggio. Mi godo le stelle; mi godo il deserto; mi godo la mia felicità fatta anche di valigie inutili che pesano trenta chili.