Signori, ecco a voi: Cecilia!
Dove…dove…
Girava, rigirava nella stanza senza pausa.
La notte era stata fredda.
Aveva cercato tepore accucciandosi all’interno del plaid, che adesso conduceva poggiato sulle spalle, stretto fino ai piedi.
Dove, dove…
Nervose le mani nella ricerca spostavano giornali, vasi, bicchieri, libri, piatti sporchi e vestiti.
La sera prima… ricordava, di avere fumato e bevuto fino alle tre di notte, poi di essersi addormentato in poltrona.
Non sapeva come, ma si era ritrovato, al suono della sveglia, sul letto ancora vestito e ricoperto di maglioni, coperte e cappotti. Adesso, in preda ad un attacco di rigidità, a causa del freddo, girava e rigirava i venti metri quadri del proprio appartamento, una caccia frenetica, senza pausa.
Brrrrrrrrrr…Dove, dove…brrrrrrrrr….
La casa, casa per modo di dire, era una stanza. Un monolocale con un solo balcone che si affacciava lungo la Via Ulica Florianska, lo abitava da tre mesi, da quando cioè aveva deciso di non tornare più.
Era andata così.
Inspiegabile, anche per lui stesso, riuscire a capire com’era stato possibile che accadesse tutto questo.
Ti servono soldi, mangi, esci?
Il giorno prima, la sorella Maria al telefono lo aveva svegliato dal torpore pomeridiano.
Altre domande? Ti ripeto ancora una volta che non mi serve nulla, mangio, bevo e non mi va di uscire. Contenta?
Va bene, ho capito
Hai risolto il problema, l’hai trovata Cecilia?
Ancora no, sto aspettando
Hai bisogno di soldi, ne hai?
Non ho bisogno di niente
Ti mando 300 euro.
No
Sì, ciao.
Maria aveva chiuso la telefonata.
Nella ricerca si trovò tra i piedi il cartone della pizza, in pratica il pranzo del giorno prima. In preda alla rabbia, che internamente da giorni scuoteva ogni legamento anatomico che univa il tronco nervoso, con un calcio lanciò verso la porta il cartone che nel ricadere si aprì spargendo intorno, oltre ai bordi morsicati dei resti della pizza, anche il pacchetto di Camel…eccolo, finalmente.
Fuori era grigio.
Il sole, oscurato dalle nuvole, s’intravedeva ad intervalli, quando queste si aprivano improvvise a ricordare l’esistenza del cielo.
Preso il cappotto, uscì fuori al balcone per fumare la prima sigaretta del giorno.
Tre mesi prima era Ottobre. Il convegno quell’anno si teneva a Cracovia, per quell’appuntamento aveva lavorato sodo, aveva preparato con scrupolo la relazione decidendo di proporre al comitato la teoria alla quale ultimamente aveva speso gran parte del proprio tempo: “Soluzioni per la progettazione e gestione d’aree verdi ad alta sostenibilità idrica”.
Tutto era accaduto durante il viaggio in treno da Vienna a Cracovia.
Treno pieno, molti polacchi il venerdì ritornavano a casa per il fine settimana. Una famiglia intera, riempiva il suo scompartimento. Tornavano a Cracovia dopo una lunga vacanza trascorsa in Italia.
L’aveva incontrata all’arrivo.
Un passaggio veloce lungo il corridoio durante la discesa dal treno.
Un attimo.
Uno sguardo distratto, comune, come tanti, senza attenzione, fugace e veloce.
L’aveva rincorsa e con la scusa di un Hotel nelle vicinanze, avevano iniziato a parlare.
Le aveva offerto una sigaretta, si erano scambiati l’accendino, silenzi, sorrisi, avevano parlato per ore, anche dell’Italia, Firenze, sapeva tutto di Firenze, alla fine, si erano lasciati da sconosciuti, con una stretta di mano, Cecilia…Marco: Ciao, ciao, ciao allora, ciao, ciao.
Sconosciuti, come prima.
Il mattino successivo, era certo che da qualche parte, in una piazza, in un negozio, in un bar, dentro una banca, in un tram, nel sottopasso, in una discoteca, in una libreria, dentro una chiesa, in un ristorante, davanti una vetrina, dentro un ascensore, in un giardino, dentro un museo, in un concerto, dentro un negozio, l’avrebbe ritrovata.
Nessuna tregua, nessuna ambiguità. Da qualche parte in quel paese abitava. Da qualche parte in quella città viveva, da qualche parte per quelle strade camminava.
Solo questione di tempo e l’avrebbe rintracciata.
Trascorsero tre mesi e la ritrovò. Cecilia.
Al Cartoryskv Muzeum, dentro una stanza, tutta per lei.
In quest’opera lo schema del ritratto quattrocentesco, a mezzo busto e di tre quarti, venne superato da Leonardo, che concepì una duplice rotazione, con il busto rivolto a sinistra e la testa a destra. La figura slanciata di Cecilia trova riscontro armonico nell’animale. Un impercettibile sorriso aleggia sulle sue labbra. Come tipico nei vestiti dell’epoca, le maniche sono le parti più elaborate, in questo caso di due colori diversi, adornate da nastri che, all’occorrenza, potevano essere sciolti per sostituirle. Un laccio nero sulla fronte tiene fermo un velo dello stesso colore dei capelli raccolti. Lo sguardo della stessa Cecilia sottolinea soprattutto l’intelligenza, la raffinatezza e l’eleganza della stessa ragazza.
Di che ti adiri? A chi invidia hai Natura?
Al Vinci che ha ritratto una tua stella:
Cecilia! sì bellissima oggi è quella
Che a suoi begli occhi il sol par ombra oscura…
Chi lei vedrà così, benché sia tardo,
Vederla viva, dirà: Basti a noi
Comprender or quel eh’ è natura et arte.
B. Bellincioni (1452-1492)