Il limite del limite
Rifuggo da ogni forma di limite. Non riconosco vincoli, divieti, regole. I muri servono solo per essere scavalcati. O abbattuti.
Rifuggo dal così così, dall’abbastanza, dal quanto basta: per me o è tutto aperto o è niente.
Rifuggo dal poco, da ciò che è piccolo, stretto, chiuso: lo vivo come un attentato ad una libertà che forse non userò mai, ma cui non so rinunciare.
Rifuggo da Twitter e dai suoi depressivi 140 caratteri. Non mi bastano neppure per le virgole.
Rifuggo dalle donne troppo magre. Mi mettono tristezza.
Rifuggo dai piatti in cui gli spaghetti sono rannicchiati mestamente solo al centro. Anche loro mi mettono tristezza, come sopra.
Rifuggo dai romanzi troppo brevi.
Rifuggo dai bicchieri pieni a metà, cioè vuoti.
Rifuggo dal tempo al tempo, detesto la fretta e chi me la mette.
Rifuggo dai semafori rossi, dai divieti d’accesso, dalle direzioni obbligate.
Rifuggo dai seni troppo piatti e dalle menti chiuse di chi pensa che basti averli grossi per essere attraenti.
Rifuggo dalle poltrone sugli aerei troppo strette.
Rifuggo da ciò che restringe la mia visuale ad una prospettiva inferiore al cielo infinito.
Rifuggo dai rapporti umani contingentati, dagli amori a tempo, dagli orgasmi fulminei, dalla botta e via, dal mordi e fuggi, dal weekend breve, dalla laurea breve, dal corso compatto, dall’auto compatta, dalla vita compatta.
Rifuggo dalle rinunce e dai limiti. Anche se so che è un limite
Rifuggo dalle rinunce e dai limiti. Anche se so che è un limite.
D’improvviso mi guardo allo specchio e penso che ogni tanto bisognerebbe invertire tutto. E se, per una volta, fosse la rinuncia il vero superamento del limite? Se fermarsi un attimo prima di sbattere sul muro fosse il suo vero abbattimento?
Se, per una volta, correggessimo Oscar Wilde, dicendo “so resistere a tutto, anche (invece che tranne) alle tentazioni?
Per tutti quelli che non hanno mai accettato limiti, regole, per quelli perennemente ubriachi di libertà: se, per una volta, scegliessimo una via stretta invece che il cielo tutto aperto, non sarebbe forse la più grande forma di libertà?
Se, per una volta, rinunciassimo a sfidare il limite estremo un attimo o un centimetro prima di raggiungerlo, se per una volta rifuggissimo dalla nostra frenesia rovinosa, non sarebbe, questo cambio di visuale, già una vittoria sul limite stesso e non una sconfitta?
Tra subire se stessi ed essere se stessi. Tra lo scegliere e il non avere scelta
Sta tutta lì la chiave. In quello spazio, nella terra di mezzo tra il punto di non ritorno e quello da cui, ancora, si può tornare. Tra il posso e l’avrei potuto. Tra correre a perdifiato e il sapere decidere se e dove fermarsi. Tra il vivere in balia di se stessi e lo scegliere quando assecondarsi e quando no. Tra subire se stessi ed essere se stessi. Tra lo scegliere e il non avere scelta.
E allora sì: so resistere a tutto, anche alle tentazioni cui voglio, e so, resistere…