Bestiario: le nuove bestie di J.J.Arreola
C’è una delicatezza estrema, nella scelta minuziosa che Arreola fa di ogni singolo vocabolo che usa. Forgia frasi impeccabili che senza blasfemia avvicinano ironia e poesia. Una ricercatezza intelligente che non sfocia nel virtuosismo fine a se stesso. Magistralmente, il traduttore Stefano Tedeschi specchia nell’edizione italiana del Bestiario (ed. SUR) dell’autore messicano quella stessa leggiadria.
Facendo uso di una formula nota sin dai tempi più antichi, J.J.Arreola racconta con parole nuove animali a tratti mostruosi in cui emergono vizi e difetti umanissimi.
C’è quel rospo placido, rassegnato e quasi pietrificato. C’è lo struzzo, vanesio condannato alla sua intima bruttezza, che sembra “più che un pollo, un gigantesco pulcino in fasce”. C’è il volo commovente di quelle api maschi che per brama di un amplesso perdono la vita e crollano a terra, ennesimi martiri del legame sottile fra eros e thanatos. C’è il gufo filosofo, ma anche quell’orso anticamente detto ursus e bera, che non può che far pensare a quante birre abbiano di fatto un legame implicito con questo animale, inventando etimologie fantasiose. Sorprende l’ingegno con cui l’autore narra la storia fittizia delle talpe, risucchiate a suo dire nel buco del centro del mondo. Non manca la risata amara nel leggere di quelle scimmie che, ad un certo punto, si abbassano, regrediscono per farsi uomini. Il dito affonda ancora di più nella piaga quando si legge della iena, definito come l’animale che “ha più proseliti fra gli uomini”. E, sebbene il paragone non sembri un complimento, ancora una volta Arreola fa uso della sua satira sottile senza sottrarsi allo stile. Leggiamo infatti, nella tradizione di Tedeschi, che “il suo latrato spasmodico è modello esemplare della risata notturna che sconvolge il manicomio”.
Sono solo alcuni dei piccoli tesori contenuti in questo manuale animale che rivisita in chiave moderna una moda medievale. Non vengono meno le mostruosità, non viene meno il confronto con l’uomo, eppure, durante la lettura, niente ha il sapore di qualcosa di già sentito dire.
Esercizio di creatività per l’autore e sprone alla curiosità per chi legge, “Bestiario” è come una raccolta di figurine verbali che raccolgono l’immagine di animali. Sarebbe bello leggerle una ad una in ordine sparso, o anche giocarci come fosse un test: che animale sono oggi? Forse sarebbe un modo blasfemo di leggere un piccolo capolavoro, ma a volte, per rapportarsi ai capolavori e non far sì che la loro aureola li allontani dalla realtà quotidiana di chi ne fruisce, è quasi meglio far così.