Il maschilismo in quattro quarti
Oggi voglio parlare del mio lavoro, perché credo che sia paradigma principe del mondo in cui viviamo, e con ciò mi riferisco alle dinamiche cosiddette “sessiste” con cui tutte siamo costrette a fare i conti fin dalla nascita. Questo lavoro si compone essenzialmente di persone, solitudine e frustrazione. Nel mio lavoro ognuno ruba dagli altri, soprattutto in termini di energia. Avrete capito che si tratta di musica.
Essere musicisti vuole dire interagire costantemente e volutamente con tante, tante persone. Se fai musica sei abituato a conversare di Pitagora e Platone e, un attimo dopo, rivolgere la parola a chi non ha mai saputo coniugare il verbo “capire”. Se fai musica è quasi impossibile concedersi il lusso di scegliere il proprio interlocutore, e questo, per quanto mi riguarda, è una cosa ai limiti tra lo stimolante e il terrificante.
spesso ci troviamo a interagire con l’imbarazzo di dover rispondere a osservazioni quali “ beh…non sai suonare
Dalla mia esperienza di donna e musicista, confrontandomi con compagne di sventura, mi accorgo che ci sono tante differenze che i più utopici non hanno considerato quando hanno formulato la teoria della paritá dei diritti: in primis i giudizi. Tra musicisti si sa, ci si complimenta, è quasi un must per iniziare la conversazione: “Ciao, complimenti, bel pezzo”. Per le donne è leggermente diverso: “Brava e bella!” solitamente si sente dire. Poi ci sono i giudizi sinceri, che normalmente tra esemplari maschili sono doverosamente celati e omessi. Con le donne, inutile dirlo, si può essere più schietti. Per cui spesso ci troviamo a interagire con l’imbarazzo di dover rispondere a osservazioni quali “ Beh…non sai suonare”, o “ Le donne , salvo eccezioni, non sono proprio portate per suonare uno strumento”. Un po’ come quando durante una manovra di parcheggio complicata, il gentiluomo di turno si offre con prepotenza di fare per te quello sporco lavoro.
Non c’è tanto da stupirsi se le donne hanno costantemente stampata sul viso quell’espressione tra il nostalgico e il sofferente; non c’è da stupirsi se siamo paranoiche. Non ci sono differenze tra giovani, attempate, bambine prodigio o dilettanti: tutte hanno fatto i conti con la leggerezza con cui vengono considerate dalla societá maschile, che quindi è La Societá.
Lascio aperte le riflessioni.
non c’è da stupirsi se siamo paranoiche