Vedere la porta più grande di quella che è
Tempo fa mi trovavo a discorrere con un amico di tante e differenti cose la cui gran parte con piacere vi risparmio. Tuttavia l’ottima qualità della birra spillata in quel loco dove si aveva rifugiate le meningi favorì un paio di discussioni capaci di elevarsi non poco rispetto al libidinoso conversare stile dopolavoro. In particolare di una di esse conservo memoria. Sosteneva il mio compare, e in questo caso si riferiva al giuoco del calcio, che l’esperienza e l’applicazione sono si importanti, ma non certo determinanti. A suo dire, insomma, il buon pedatore affinerà l’astuzia e forgerà l’animo, ma il tocco, la capacità di irridere le difese o irretire gli attacchi, quello è innato. E così argomentò una sua tesi per la quale si deve diffidare del giocatore che ad una certa età non è ancora “esploso”, ovvero non ha dimostrato appieno il suo potenziale.
Il che, a mio parere, sarebbe un’ipotesi corretta se la mente delle persone fosse un algoritmo e nulla più. Ma si dà il caso che, automi di successo a parte, gli esseri umani hanno cervelli configurati con un programma chiamato educazione che ha lo scopo di infilare in quella bigia materia l’esperienza accumulata negli ultimi due o tremila anni di esistenze postume. Spesso questo friccandò non è cucinato manco bene, figuratevi che digestione ne può venire fuori. A questo va poi aggiunto il fatto che i virus sono dietro l’angolo di casa (e pure dentro non si scherza) e nemmeno il Signor Norton ha ancora trovato il giusto antidoto per far si che i bipedi non si perdano in seghe mentali e siano tutti belli e pronti all’appuntamento col destino.
Mentre costei snocciolava storie di uomini precoci e vincenti a cui forse gli pareva giusto conformarsi (per la gioia di psicologi e affini), io divagai con la mente ad anni addietro, quando mi barcamenavo in aree di rigore avversarie su campi polverosi di provincia e spesso pure montagna. Ricordo che ogni qualvolta mi trovavo in corsa verso la porta avversaria il portiere mi pareva coprire tutta la visuale e la rete, sempre che ci fosse la dietro una rete, era una
La mente sviluppa le nostre attitudini, ma lo fa più lentamente delle nostre ambizioni e delle necessità del mondo esterno.
Poi un giorno arrivai lì davanti con la mente più sgombra o forse ero solamente un tantino stufo di stampare palloni sui garretti dei portieri avversari. Allora ho sbirciato nelle fessure tra gli enormi arti del portiere e mi sono reso conto che li dietro c’era una vera e propria porta, altro che ragnatela. Ho tirato secco a filo delle gambe dell’estremo difensore e il pallone si è insaccato. Da allora quella porta mi è parsa molto più grande di come la ricordavo e le mie capacità realizzative, ma non solo, aumentarono.
Avevo preso coscienza dei miei mezzi. O, se preferite, in me era maturato qualcosa che si potrebbe chiamare fiducia, ch’è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta, direbbe il Vate. Non è che un esempio e sulle mie qualità balistiche, tra l’altro, si può stendere un velo pietoso. Eppure posso dire che per un breve periodo la porta mi sembrò davvero più grande, sebbene fossi lo stesso di prima. Ci sono processi che necessitano gestazioni lunghissime. La mente sviluppa le nostre attitudini, ma lo fa più lentamente delle nostre ambizioni e delle necessità del mondo esterno. Forse in noi scatta qualcosa e forse nemmeno ce ne accorgiamo, fatto sta che dopo tanta mediocrità ad un certo momento ci sentiamo sicuri, capaci, propositivi, differenti. E’ un errore di questi nostri tempi, più attenti al profitto che all’estetica, pretendere tutto e subito. Quanta bellezza lasciamo nelle corde di chitarre che la frenesia non ci permette di suonare.
Ero pronto per riportare questa bella riflessione al mio compare di bevuta, ma oramai non c’era più tempo, s’era fatto tardi e al mattino la sveglia trillava presto. Sempre questa cazzo di fretta. Per lo meno ho queste pagine, altrimenti chi me lo dà più il tempo di elaborare una riflessione come si deve. Allora ho ordinato il bicchiere della staffa. E visto che non avevo tanta voglia di andare a dormire l’ho fissato così a lungo che mi è parso veramente più grande del solito.