I bambini sono nativi digitali e non lo sanno
Il neologismo della settimana è : nativi digitali. Vi siete mai fermati ad osservare a bocca aperta un bambino in età prescolare giocare con un tablet o sbloccare uno smartphone?
Le dita dei nativi digitali non esitano davanti a bottoni virtuali e stimoli colorati da seguire con gli occhi. Chi è nato nell’era delle telecomunicazioni abita case piene di schermi e va in pullman pieni di gente che smanetta, scatta e digita. I nativi interiorizzano i funzionamenti e le logiche delle tecnologie digitali sin dalla tenera età: click, slide e unlock sono concetti primordiali per loro, e li mettono pratica prima ancora di capirne il significato in inglese. Ai nativi si oppongono gli immigrati digitali: le persone che sono cresciute prima della grande diffusione mondiale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e che hanno quindi dovuto impegnarsi per imparare a utilizzarle.
Usi e origini. I termini nativo e immigrante digitale si sono diffusi in Italia a partire dal 2011 e ad oggi sono molti i dizionari della nostra lingua che li hanno registrati. L’espressione italiana ricalca l’inglese digital native, composta da digital, cioè ‘relativo ai mezzi elettronici e informatici’ e native, cioè ‘nativo, indigeno’. Il primo ad utilizzarla è stato lo scrittore statunitense Marc Prensky, che le ha coniate in occasione del suo libro “Digital Natives, Digital Immigrants” pubblicato nel 2001.
È utile questa nuova parola? Nell’impossibilità di trascurare il mio punto di vista da immigrata digitale, osservando la questione mi convinco che debba esistere una differenza rilevante fra i giovanissimi di oggi che crescono a pane e microchip e gli altri giovani che sì, pure si servono della tecnologia, ma hanno conosciuto una vita priva dell’onnipresenza degli smartphone.
Si tratta forse di una delle poche disarmonie con le nuove generazioni che mi fa sembrare la nonnina di turno col dito puntato che sospira: – Ai miei tempi si scrivevano lettere d’amore di carta e si aspettava il postino con trepidazione sognante – ma credo sia un’espressione in grado di dare una corretta definizione e una cornice utile ad inquadrare i bambini di oggi.
È bello come neologismo? Il fatto che l’espressione si sia italianizzata e che non sia invece rimasta “digital native” le fa guadagnare un punto a suo favore; la conversione inoltre, è riuscita benissimo: sia il concetto di nativo che di digitale trovano in italiano una vasta gamma di significati davvero azzeccati per il significante dell’espressione, che pur viene dall’inglese. Le origini dei fenomeni e delle persone tendono fili determinanti nel processo di evoluzione; diamo quindi il benvenuto a questi indigeni, sperando che quelli digitali siano per loro dei natali promettenti.