Quarantenni impertinenti in salsa di sogni
La mia città è fatta così… festeggia sempre, anche solo per solidarietà. Succede che, in una fredda sera di marzo, decine di attori e musicisti locali, affermati ed apprezzati ma… precari, si riuniscano dentro il maestoso Teatro Politeama a suonare, recitare e far ridere (Ridere! Che bel regalo!) per sostenere la causa di migliaia di concittadini, anch’essi precari. Sogni. Ed anche realtà.
Come dire, un festoso congresso di Quasi-poveri, Meno-poveri e Già-poveri, tutti ironicamente allegri e caparbiamente innamorati della vita.
Primo Cittadino ed assortite sindacalanze presenti in prima fila.
Succede che una città già in crisi, che vive di poche antiche professioni e di moltissimi nuovi mestieri (vedi quei quasi cin-que-mi-la ragazzi trenta-quaranta-cinquantenni con le cuffiette nei call center), una città agonizzante ma ancora viva decide di stringersi e abbracciarsi attorno all’ardente fuoco di una impertinente speranza, alla convinta volontà di restare, all’impellente necessità di mantenere e difendere il lavoro nella propria terra.
Luciano, schietto ed efficace, canterebbe: É sempre stato infame ma l’ho chiamato sempre il mio lavoro…
Stringersi e abbracciarsi attorno all’ardente fuoco di una impertinente speranza.
Riflettevo su quanto la vita in un paese evoluto come il nostro ruoti necessariamente intorno ad alcune certezze. Eh, come il lavoro, per l’appunto. Ma dov’è che l’ho letto? Ah si… mi pare in un testo famoso, costruttivo e costitutivo… costituito… di essenziali indicazioni per la libertà del popolo italiano. Articolo Uno. Diritti. Non sogni nè precari.
Adriano, semplice e deliziosamente umano, scimmiotterebbe: Chi non lavora non fa l’amore!
Fabrizio, riflessivo ed introspettivo, baderebbe sempre al principio delle cose, e risponderebbe: Ma l’amore ha l’amore come solo argomento.
Beh si. Però non è difficile comprendere che… non lavorando e non guadagnando quel vile ma utile denaro, non avendo modo di provvedere alle necessità di figli ed amori, allora si sentirebbe d’improvviso tutto il mondo crollare, si vedrebbe ogni cosa sospendersi e congelarsi, si avvertirebbe di raggiungere il proprio limite, bloccando ogni possibilità… incluse le emozioni più profonde e vive.
“Quiero mantener Viva mi Alma” Beh, visto che difendiamo a denti stretti il Made in Italy: “Viva, vorrei solo sentire la mia Anima ancora viva”
Io sono fortunata, al momento ho ancora la possibilità di lamentarmi ogni santissimo lunedì mattina e di gioire al sol pensiero di un weekend libero, di potermi lagnare di acrobatici turni ed incalzanti richieste di maggior produttività. .
Si sentirebbe d’improvviso tutto il mondo crollare, si vedrebbe ogni cosa sospendersi e congelarsi, si avvertirebbe di raggiungere il proprio limite
Io ho la fortuna di avere un lavoro piccolo piccolo, che più piccino di così potrei solo reggere la seconda lanterna all’omino che va in giro di notte ad accendere i sogni.
Quel che credo però è che il mondo giri nel verso giusto solo se ogni piccolo ingranaggio è al suo posto e ben oliato. Ed ecco che io son ben contenta di quel che faccio.
Mi chiedevo: e se davvero dovessi perdere questo prezioso bene che è il mio lavoro?
Poi non son più riuscita a pensarci perché d’un tratto il sangue mi si è gelato nelle vene.
Io abito a sud. Ma non a sud del nord. A sud in un’isola, che sta nel sud di una penisola, circondata da un mare di guai. Assurdamente lo chiamano Mezzogiorno sebbene sia più oscuro della notte nera.
Comunque io non mi arrenderei di fronte a nulla. Mi reinventerei, partirei, emigrerei, lo hanno fatto già tanti amici prima di me…
E se invece io sentissi forte quell’insistente istintiva intenzione di stare qui dove son nata?
Chi lo sa. Siamo qui per combattere, con la preghiera di ritrovare qualche capitano volontario, presunto o eletto, che voglia davvero occuparsi di noi.
Chissà che poi, inciampando in questo grande macigno che sta ora proprio nel mezzo del cammin di mia vita, io non riesca a scoprire finalmente la risposta a ciò che da tanto tempo Gino si domanda:
E sono ancora qui, qui con le mie domande, e sono ancora qui… Cosa farò da grande?
In ogni caso, le lire non ci sono più, caro Natalino Otto, ma a quanto pare anche gli euro scarseggiano. Vabbè.
Ma Palermo, la mia città, è fatta così… festeggia sempre. E canta:
Se potessi avere mille sogni al mese, senza esagerare sarei certo di trovare tutta la felicitá