Il Genio di Palermo (genius loci)
Saturno coronato o un Dio barbuto, che nutre dal proprio seno un serpente, appoggiato su una conca con inciso un motto latino enigmatico: Panormus conca aurea suos devorat alienos nutrit (Palermo conca d’oro divora i suoi e nutre gli stranieri). E’ il nume tutelare della città, il Genio di Palermo, rappresentato così in diverse sculture distribuite in piazze, edifici pubblici e giardini.
Simbolo probabile di pienezza e abbondanza.
E i palermitani hanno preso in parola il motto latino e il loro nume tutelare si è trasformato nel loro mèntore, infatti, dopo pochi mesi dalla nascita, quasi tutti si trasformano in geni.
Questa dote soprannaturale si estende trasversalmente su tutte le classi sociali: dai nobili decaduti ai borghesi piccoli e grandi, dagli operai ai disoccupati o studenti, che è la stessa cosa.
Il genio non lascia nulla al caso. Osserva, studia, legge il Giornale di Sicilia, possibilmente quello degli altri, vede Canale 5 o Italia 1, Porta a Porta, tutti i programmi di cucina, apprezza la canzone melodica napoletana e conosce a memoria tutti i testi delle canzoni di Laura Pausini, fa lavare la propria auto con grafitaggio ogni settimana, non usa la cintura di sicurezza perché stringe, soffoca e gualcisce la camicia, parla del traffico, del sindaco Orlando (sempre male), del caldo insopportabile, di Zamparini o della Juventus e della Democrazia Cristiana.
Si, proprio la DC, perché anche se tutti sanno che non esiste più, per il genio palermitano il partito dello scudocrociato non si è mai davvero dissolto.
Credo che questo sia dovuto al fatto che del partito i geni palermitani non si sono mai veramente interessati, perché l’importante era ed è conoscere il democristiano giusto, quello che conosce i meccanismi per fare camminare le cose. Insomma, l’essere democristiano per i geni palermitani è un sentimento, un’emozione, un’esaltazione, una passione, un sentirsi parte di un progetto, sempre e solo legato però ad un interesse esclusivamente personale.
Per diventare genio, il palermitano scruta, osserva, impara, memorizza.
Quest’attività è svolta per strada, mai in famiglia, salvo che il genio s’incontri con i parenti nelle mangiate allargate, dove tra cugini di primo e secondo grado, suoceri, nonni, zii, nipoti e compari di matrimonio o cresima, consumato il primo piatto, nell’attesa dell’arrustuta, lui decida di iniziare la pratica di perfezionamento.
In questa delicata occasione, mentre le donne, fresche di parrucchiere, ritirano i piatti dell’antipasto, il genio apre il sipario e s’impadronisce della scena imponendo per prima cosa a tutti i parenti la propria risata. Uno strillo ripetuto, molesto, cavernoso, fatto di tanto tabacco, tosse e vino, quest’ultimo rigorosamente bianco.
Dopo avere attirato l’attenzione di tutti, quando cioè i bambini riprendono a gridare e a rincorrersi attorno alla tavolata, inizia a porre ad altissima voce, da far tintinnare tutti i bicchieri tra loro, domande secche dirette solo ai cugini più lontani seduti almeno a venti metri da lui, scavalcando le persone a lui vicine. Da questo momento i geni si danno battaglia e inizia la vera festa.
Tutto però inizia, nei primi anni, per strada. Per strada, infatti, è più facile. Chiunque può esercitarsi. Il futuro genio, infatti, è un osservatore attento, in fretta deve imparare da quelli già formati.
Ad esempio: come vestirsi in estate – l’inverno non è calcolato poiché basta solo un giaccone nero e una sciarpa blu, la sciarpa bianca è obbligatoria solo per le feste di Natale – come agitare le mani e la testa durante una conversazione, il modo di guardare le donne, di camminare, di fumare, di guidare. Poi, la fase più difficile, come relazionarsi agli altri. Il genio maturo, infatti, deve sempre sapere, in qualsiasi occasione, quale ruolo o personaggio interpretare di fronte al proprio interlocutore e scegliere, in una frazione di secondo, il comportamento idoneo da adottare: italiano/dialetto, parolacce si/parolacce no, tu/lei, serio/sorridente, fesso/scaltro, incazzato/calmo.
Con la recessione e la disoccupazione dilagante in Sicilia, purtroppo, molti geni stanno lasciando la città, anche loro sanno che una volta partiti da Palermo, dopo poche settimane, tutti perderanno il dono della genialità.
Per fortuna ne restano ancora tanti.