Quel tiranno del tempo
Sul campo di calcio, non diversamente dalla vita, il tempo non solo scandisce il gioco, ma è pure in grado di intensificarlo o ridurlo, velocizzarne l’azione o renderlo lento e passivo. Una partita è lunga. Tre quarti d’ora, più recupero. Ed altrettanto nel secondo tempo. E più le lancette scorrono nell’orologio dell’arbitro più il gioco si farà concitato. Quando si perde, il tempo scorre veloce; quando si vince gli ultimi minuti sembrano dilatarsi in miriadi di frazioni di secondo. E suvvia, a chi non è mai capitata, in campo o da spettatore, una partita sottovalutata che si credeva di vincere a man bassa e invece l’avversario ha venduto cara la pelle ed ecco! Ora mancano solo dieci minuti e il disastro incombe sulle nostre teste! E magari vi sarà capitato anche di essere dall’altra parte della barricate, ovvero quella degli sconfitti prima ancora di entrare in campo che tuttavia fanno la partita della vita e si trovano in vantaggio a pochi minuti del termine? Pochi? Ma se sono un’infinità! Allora farete in modo che il tempo passi in fretta, cercando di non pensare al fatto che l’arbitro possa concedere un lungo recupero. Come si dice in gergo, farete melina, etimo di origine incerta che pare ripreso da un gioco da bambini.
Pensate che un tempo al portiere era permesso raccogliere con le mani il passaggio di piede di un compagno di squadra (dal 1992 può solo giocare il pallone con i piedi, ma ve ne parleremo meglio quando tratteremo la Regola 12). Ecco, potete immaginare questo a cosa comportasse. Narra la leggenda che un portiere della Rhodense, o forse del Derthona (ma anche che fosse del Fanfulla è plausibile) durante gli ultimi quindici minuti di un match contro il Pergocrema (o la Virescit?) che i suoi stavano vincendo 1-0 dovette raccogliere così tanti palloni passati dai compagni da non potersi alzare il giorno dopo per il mal di schiena.
I minuti finali sono quelli più temuti dagli arbitri. E già, lì proprio non puoi sbagliare. Perché se poco ti si concede durante la partita, nei minuti finali nulla ti si perdona, e ogni pretesto sarà valido per addossare alla giacchetta nera tutte le colpe in caso di sconfitta. Le decisioni più difficili, poi, arrivano sistematicamente negli ultimi minuti, quando il gioco si fa convulso e ogni decisione risulterà determinante per le sorti dell’incontro.
il bello del calcio sta proprio in quei minuti finali
Se dello spazio si occupa la regola 1, è la 7 ad occuparsi del tempo. Una partita, come si sa (con l’eccezione delle gare del settore giovanile), si compone di due periodi di gioco di 45 minuti ciascuno, separati da un intervallo della durata massima di 15 minuti. Ebbene sì, la prima sorpresa è questa: il quarto d’ora d’intervallo è un tempo massimo, e se è vero che all’intervallo non si può rinunciare, è vero pure che questo può durare anche 5 minuti soltanto, volendolo. Tuttavia, insomma, di solito è sempre un quarto d’ora, durante il quale i calciatori si riposano e i tifosi prendono un tè o un caffè.
Ma non solo. Nei bei tempi che furono la squadra del mio paese aveva nella dirigenza una strana figura che agiva un po’ da direttore sportivo, un po’ da vicepresidente e un po’ da farabutto. Costei nell’intervallo di un match che i nostri stavano perdendo in malo modo, arricchì il tè con una polverina che pareva zucchero, ma non derivava né dalla barbabietola nè dalla canna. Si narra che uno dei nostri a fine partita, vinta in rimonta, corresse indomito su e giù per il campo di gioco con un filo di bava alla bocca. Aveva bevuto una tazza di tè di troppo.
Perdite di tempo ulteriori rispetto al normale svolgersi della partita devono essere recuperate: è il tempo di recupero, in passato tradizionale territorio di discrezionalità arbitrale, oggi uniformato a regole più strette, ma pur sempre in mano a chi dirige l’incontro. Di norma si considerano trenta secondi per sostituzione (e se sono sei, tre minuti di recupero sono assicurati), e altrettanti per ogni infortunio. Bisogna poi aggiungere ulteriori minuti in caso di manovre ostruzionistiche tendenti a perdere tempo. Alla fine di ogni tempo l’arbitro o, quando presente, il quarto assistente, indica i minuti da recuperare. I minuti minimi, perché l’arbitro può concedere anche il recupero sul recupero.
Infine, anche se non se ne occupa questa regola, quando una partita deve terminare per forza con un vincitore, alle volte il regolamento della competizione prevede, in caso di parità, lo svolgimento di due tempi supplementari della durata di 15 minuti. Una vera e propria minipartita finale, con tanto di sorteggio all’inizio e un proprio tempo di recupero. Da lì è nata la partita del secolo, l’Italia – Germania 4 – 3 storica semifinale di Mexico ’70 che dopo l’1 a 1 dei novanta minuti regolamentari ha visto succedere di tutto nei supplementari. Una pagina indelebile nella nostra storia, ancora capace di emozionare nuove generazioni di italiani. E speriamo anche voi lettori.
Veniamo alle curiosità e iniziamo parlando di un tale che ebbe così tanta dimestichezza con i minuti finali che le reti segnate allo scadere furono da allora associate al suo cognome: Renato Cesarini. In un calcio tra le due guerre i cui ricordi spesso si tingono di fantasia e leggenda, questo asso italoargentino risolse molti incontri con reti in prossimità della fine del match. Ecco perché vi capiterà sovente di ascoltare frasi del tipo: il match è stato risolto da Tal dei Tali con una rete in zona Cesarini.
E’ ormai entrato nella coscienza collettiva il triplice fischio finale. Ebbene, questo non è codificato dal Regolamento. L’arbitro deve fischiare la fine, ma che debba farlo tre volte non è scritto da nessuna parte. Consuetudini. Così come il fatto che, nell’intervallo, l’arbitro porta via con sè il pallone. Sia mai che se lo rubino.
Se una squadra non si presenta all’ora d’inizio di una partita che si fa? Ce ne andiamo? L’aspettiamo? E quanto? Si chiama tempo d’attesa. E bisogna aspettare per tanti minuti quanto dura un tempo di gioco. Tre quarti d’ora, e poi tutti a casa. O facciamo una partitella tra di noi.
Accadde un tempo non lontano, ovvero quando chi scrive calzava ancora le scarpette chiodate, che la squadra avversaria alla mia non si presentò sul nostro campo all’orario stabilito. Il tempo passa e niente, di quegli altri non c’è traccia. Ci mettiamo a fare una partitella tra di noi, tanto oramai non vengono più. Meglio, sono pure molto forti. A quarantatre minuti dall’ora in cui avrebbe dovuto aver inizio il match, eccoli arrivare freschi come il sole. Mentre noi quasi che eravamo già stanchi. Finisce 0-5. Bel modo di dire grazie per avervi così a lungo aspettato. Farabutti.
La partita non inizia al fischio dell’arbitro ma quando il pallone è in gioco su calcio d’inizio
A proposito: che fischietto usano gli arbitri? Su questo gli addetti ai lavori non hanno dubbi. Di fischietti ce n’è uno solo. Fox 40 Classic. Sussurrateci dentro, e da Viterbo vi sentiranno fino a Roma. Non fatelo mai di notte se avete vicini irritabili.
Massì, vi regaliamo anche una nota sadica del Regolamento. Siamo ai tempi supplementari e termina la prima frazione. Giocatori stremati, sopravvengono i crampi e c’è da giocare ancora un quarto d’ora prima dei Rigori. Ebbene, nessuna pietà: tra i due tempi supplementari non c’è intervallo e bisogna subito invertire i campi e ricominciare. Perché a quel punto il tempo stringe davvero. E poi s’è fatta una certa e anche l’arbitro tiene famiglia. Sù, sbrigatevi un po’.
Infine un suggerimento per chi gioca a calcio: non chiedete mai all’arbitro quanto manca alla fine. Non potrà dirvelo, e non per scortesia: glielo impedisce il Regolamento. Forse a scanso d’equivoci, visto che verso la fine è facile equivocare.
Ci vediamo tra una settimana con la Regola 8: Calcio d’inizio e ripresa del gioco. C’è da correre, quindi mangiate leggero e allenatevi un po’.
Sorpresi di aver scoperto cose nuove sullo sport che più amate e che credevate di conoscere a menadito? Curiosi di saperne di più? Scaricate qui una copia del Regolamento del Gioco del calcio: avrete di che parlare con gli amici!