Costellazioni Amleto, il Bardo va dallo strizzacervelli
Ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la filosofia, confida Amleto all’amico Orazio nella tragedia più rappresentata del Bardo. Già Amleto, proprio quell’Amleto, il principe danese chiamato dallo spettro del padre alla vendetta e a rimettere ordine nel suo paese; quello del to be or not to be, del conflitto interiore, del dramma di non sapere come agire e infine di non agire del tutto, afflitto com’è dal tentativo di districarsi tra il passato interiore, il presente vissuto e l’apertura al futuro.
Il principe vive una profonda distonia tra un tempo sbilanciato su un futuro indefinito e quello vissuto concretamente nei bisogni e negli interessi vitali traditi e inibiti nel presente. E così, con la speranza di trovare il bandolo di questa spaventosa matassa, tra zii malvagi, madri puttane e lo spettro del padre che esige vendetta, il giovane Amleto, non più capace di interpretare Amleto, decide di rivolgersi a una terapista.
Così va in scena al Teatro Piccolo Bellini di Napoli il dramma interiore del giovane Amleto, che si ritrova strizzato il cervello alla ricerca di una consapevolezza che sembra molto distante da raggiungere. Per aiutarlo a ritrovare se stesso la terapeuta (una Carmen Pommella in prestito alla psicanalisi) realizzerà per lui una Costellazione familiare, approccio in bilico tra lo psicologico e il parapsicologico che si basa sulla rappresentazione, da parte di altri pazienti, del tessuto di relazioni che costellano la famiglia del Bardo. In questo gioco delle parti, che diventano scatole cinesi – con attori che rappresentano se stessi come attori – il confuso principe avrà pertanto occasione di vedersi rappresentato e, in un crescendo rocambolesco non privo di verve umoristica, troverà infine, in un finale a sorpresa, il bandolo della sua disperata matassa.
il presente è per così dire sospeso e vissuto come insignificante
Nel giovane Bardo, sagacemente interpretato da un Orazio Cerino in splendida forma e dal suo alter ego Adriano Falivene, ciò che viene meno non è tanto la forma-tempo, la connessione tra passato e futuro a partire dal presente, l’essere dell’uomo nel tempo, ma l’articolazione compiuta dei tre momenti: il senso del divenire è spostato sull’attesa, la speranza, mentre il presente è per così dire sospeso e vissuto come insignificante.
Un gioco del concetto tra essere e trapassare, tra identità e differenza, assai più complesso di quanto non appaia superficialmente e che fa della pièce un piccolo capolavoro, da non perdersi senza provarne rammarico.
Abbiamo visto Costellazioni Amleto al Teatro Piccolo Bellini di Napoli
tratto da Amleto di William Shakespeare, di Giovanni Del Prete, con Carmen Pommella, Adriano Falivene, Orazio Cerino, Antonio Vitale, Francesca Iovine ed Ettore Nigro.
Info qui.