Quelli degli anni 2000
“Ai miei tempi…. Queste generazioni d’oggi… Gioventù bruciata… ”
Le riconoscete? Be’ io sì, e non vedo l’ora di diventare un’arzilla e nostalgica vecchietta che borbotta queste parole ai nipotini. Perché si sa: non esiste generazione che non critichi le antecedenti.
Eppure, nonostante quel che si dice in giro, io sono fiera di essere sopravvissuta agli anni 2000. Alla generazione ’00. Ecco, per generazione ’00 non intendo il grado di raffinazione della farina, ma tutti quei ragazzi che hanno vissuto la propria adolescenza, e quindi cresciuti e formati, nel primo decennio del nuovo secolo. Detti anche Generazione Z. Zeta per zero, appunto!
Quelli degli anni 60 hanno vissuto la coinvolgente rivoluzione hippie.
Quelli del 70 sono sopravvissuti al terrorismo, alle BR, alla crisi del petrolio.
Quelli dell’80 hanno vissuto forse il decennio più pazzo, divertente e colorato di sempre.
Quelli degli anni 90 sono sicuramente una generazione strana, forse di transizione: basti pensare che a metà decennio Kurt Cobain decise di spararsi proprio poco prima di ritrovarsi a condividere le classifiche mondiali con le Spice Girls, e questo la dice davvero lunga su quel periodo.
Ecco, poi arriviamo noi. Siamo quelli sopravvissuti alla fine del millennio. Nonostante le aspettative ce l’abbiamo fatta. Abbiamo, senza spargimenti di sangue, festeggiato il capodanno 2000. Niente millennium bug, niente apocalisse, niente invasione zombie. Il mondo continua. Siamo entrati di prepotenza ad essere la nuova generazione di adolescenti scalmanati. Ma voi, miei cari coetanei, ricordate cosa vi circondava quando i primi ormoni impazzivano? E voi, care generazioni precedenti, sapete cosa significa vivere il decennio più significativo delle vostre vite in quegli anni che vanno dal 2000 al 2009? No? Ve lo dico io!
Partiamo da un elemento fondamentale per tutte le generazioni: la musica. Ecco diciamo che i colleghi del 90 ci hanno dato il benvenuto lasciandoci con un colpo di coda nel 1999 delle hit “megagalattiche” come: “Vespe truccate Anni 60, girano in centro sfiorando i 90″, e una porchissima Britney Spiers in Baby one more time (e vi prego se non ricordate il video andate subito a vederlo. Io ancora oggi non faccio altro che rimanere ipnotizzata davanti al suo playback, e mi raccomando non fatevi sfuggire il modo sconcio in cui muove la lingua quando pronuncia la “elle“).
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Ma con queste premesse dove pretendevate che saremmo finiti? Infatti non è che poi vantiamo chissà quale rivalsa. Le novità discografiche cominciarono con Avril Lavigne e la sua Complicated: inesistente femminilità nascosta dal trucco nero intorno agli occhi al vago sapore “The Cure” e quei jeans dal cavallo che arrivava alle caviglie. Ma ve le ricordate le mutande a vista? Più bassa era la vita e più eri figo. Un’adolescenza intera a lottare contro genitori e professori che ti dicevano “Alzati quei pantaloni”. Che schifo!
E poi tutti con la fissa delle Nike Silver. Tutti uguali. Eravamo spaventosamente simili dietro i nostri computer. Ah sì, perché io e miei coetanei siamo quelli cresciuti con l’internet veloce: prestissimo la tecnologia ci ha regalato l’adsl. Abbiamo solo annusato il rumore robotronico che proveniva dai modem 56k e che fuoriusciva dalle cornette del telefono fisso quando l’alzavi e qualcuno era connesso. Noi siamo la generazione di Msn, dei blog MySpace, di YouTube, di Facebook e di tutto quel casino che sono oggi i social. Li abbiamo visti nascere, esplodere, diffondersi come un cancro, con in sottofondo i trilli delle chat e gli squilli delle nostre suonerie polifoniche, meticolosamente memorizzate nota dopo nota per cercare di personalizzare l’unica cosa veramente personalizzabile delle nostre vite, appunto la suoneria del nostro Nokia 33 10. Che avevamo TUTTI.
Siamo la generazione della tv spazzatura. Capostipite fu il Grande Fratello. Era il 14 settembre del 2000 ed eravamo sintonizzati, pronti ad accogliere nelle nostre case la prima stagione, quella condotta da Daria Bignardi che vedeva protagonista Marina La Rosa in un avvincente flirt con Pietro Tarricone. Edizione vinta poi da un oggi anonima Cristina Plevani.
Ma noi di drammi ne avremmo visti ancora molti. Chi non ha passato interi pomeriggi davanti alle melanconiche e sfigatissime disavventure amorose di un innocuo gruppo di ragazzi ai limiti del patologico? Sì, proprio ANUWUANUWEIIIIIIII, detto anche a volte Dawson’s Creek.
Ma questo non è niente in confronto alla deviazione mentale che ci ha portato vedere, prima su gli scaffali di tutte le librerie e poi in tutti i cinema d’Italia, quel perverso fenomeno che ancora non mi so spiegare di nome Moccia. Sì sono orgogliosa di dirlo: sono sopravvissuta agli anni 2000 senza mai leggere una sola pagina e senza mai vedere manco due minuti di Tre metri sopra il cielo. Ma questo mio ribellarmi è stato un caso su un milione, perché all’improvviso tutti iniziarono ad attaccare lucchetti sui ponti per la sola e unica gioia dei ferramenta.
Ma la violenza psicologica non finisce qui. Ci hanno vietato di mangiare ogni tipo di carne, da quella bovina con la terribile Mucca Pazza, a quella di pollo con la esportatissima Aviaria, per finire con quella di maiale dell’influenza suina del 2009. Siamo cresciuti con la paura di prendere gli aerei dopo l’11 settembre, e il disagio matematico quando dalla Lira si è passati all’Euro.
Con noi i libri si sono aperti e sfogliati sempre meno. Le enciclopedie? Scherziamo? Signori, noi abbiamo visto nascere Wikipedia! I compiti in classe si svolgevano con l’aiuto da casa grazie ai cellulari. Gli ultimi anni di scuola ad esempio mandavo il titolo della versione di latino a mia sorella e dopo solo 15 minuti avevo già il compito svolto.
Siamo la generazione della Playstation 2, del primo presidente americano di colore, della SARS e dello Tzunami. Abbiamo gioito al rosso a Zidane per la testata a Materazzi, abbiamo vissuto il lancio del primo iPod e del primo iPhone totalmente incoscienti di quello che poi sarebbe significato. Abbiamo visto soffrire numerosi Emo, abbiamo subito il ritorno in voga dei vampiri con Twilight e ci siamo tutte innamorate della minifrangetta di Audrey Tautou in Il Favoloso Mondo di Amelie. Abbiamo fatto Oh insieme ai bambini di Povia e avuto le treccine afro alla Alicia Keys. Siamo riusciti a perdere la verginità in quegli anni nonostante gli occhiali da sole a mosca e l’uomo gatto a Sarabanda. Abbiamo visto le nostre famiglie disintegrarsi con il maggior numero di separazioni e divorzi, e soprattutto siamo usciti illesi dai capelli frisé e dalle orribili meches che rendevano le nostre teste zebrate.
Sono spesso fiera della mia generazione anche se è stata definita come la generazione “perduta”. Forse chi ci ha etichettati così dimentica che siamo in fondo bimbi sperduti perché cresciuti negli asili nido e non nell’isola che non c’è. Sicuramente egoisti, con il più basso tasso di voto di partecipazione, e catalogati come la generazione più disinteressata alle questioni sociali.
Siamo più scettici di tutti quelli che ci hanno preceduto, ma allo stesso tempo siamo i più istruiti (vantiamo il 6% in più di laureati). E, con l’istruzione e la precoce maturità, si stanno iniziando a formare famiglie con un più elevato livello di prudenza e pragmatismo rispetto ai genitori. Le preoccupazioni sono maggiori e più forti, già da giovanissimi abbiamo bisogno di una perfetta pianificazione finanziaria. La nostra in fondo è solo la storia di un’innocenza perduta.
Dopo tutto, siamo nati durante i periodi di boom e relativa pace del 1990. Ma quel mondo pieno di sole ci è stato subito offuscato dagli attacchi dell’11 settembre e le due cadute economiche, nel 2000 e nel 2008.
Percepiamo informazioni istantaneamente, siamo nati multitasking, ed è per questo che perdiamo interesse altrettanto velocemente.
Anche se molto giovani, abbiamo già visto tante tecnologie diventare obsolete e per questo siamo diventati la più grande generazione di “auto-educatori“, predisposti più di tutti gli altri al cambiamento e all’adattamento.
E a voi che ci giudicate male, abbiate rispetto, o pietà per favore, cercate per una volta di capire. Apprezzate lo sforzo, e riconosceteci almeno la pazienza per aver sopportato tutto questo! Noi siamo la Generazione Z e ne siamo usciti vivi. Tu ce l’avresti fatta?
Ora beccatevi questa sequenza che racchiude un po’ di musica di quel tanto bistrattato decennio.
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