Mamme social e spot di merda
Eccoci qua. La mamma dei cretini è sempre incinta, ma Eva no, lei ha partorito due bei rampolli, uno un po’ idiota a dire il vero, l’altro un po’ troppo irascibile. Ma come potremmo fare senza le mamme, quale tesoro più prezioso? Eppure ci sono due categorie di mamme da brivido: le mamme social e quelle degli spot di prodotti per l’infanzia.
Ma andiamo con ordine ché il discorso non è così semplice. Le mamme social sono quelle che stanno col pupo in braccio, magari mentre poppa, e che col pollice opponibile spammano i profili di amici e parenti con foto del pargolo in ogni salsa. Aprono i social col buongiorno e la foto dell’infante. Ore 10, spuntino e foto del neonato, ore 12, aperitivo e foto del neonato, ore 13 pranzo e foto del neonato. E così per tutta la giornata, notte compresa, ché i primi mesi dormire è utopistico.
Ma non è tutto. Ci sono mamme social e mamme social. Queste sono un po’ noiose, ma tutto sommato innocue. Quelle da temere sono le mamme blogger, quelle che pensano che la loro esperienza di mamma sia un fatto di dominio pubblico e riempiono pagine intere di consigli non richiesti e descrizioni minuziose della cacchina giallo-verde del neonato.
Le peggiori aprono pagine facebook dove si incontrano con altre mamme, ma ovviamente loro sono le migliori. Dai la tetta dopo l’anno? Tu sei pazza, così non te lo stacchi più (davvero?); dai il ciuccio? Tu sei pazza gli rovini il palato; dai il tablet al bambino? Ma sei fuori? Insomma, il coro dei perbenisti si scontra con quello delle mammucche e delle mamme canguro, portatrici sane di passeggino contro cromosomi fascia e marsupio.
Nulla di male, per carità, il mondo è bello perché è vario, ma scrivere vere e proprie catilinarie contro le une o contro le altre mi pare un po’ eccessivo. Una volta la mamma era quella che si occupava del proprio bambino senza rendere il suo maternage un fatto virale. Attenzione, siamo a casa di mamma Michaela, mamma di Amelie. E giuro, io a casa sua manco ci volevo entrare, è lei che è entrata a casa mia e senza nemmeno essere invitata!
Ma non è tutto, le mamme degli spot sono decisamente il trionfo dell’idiozia fatta femmina. Prima ci fanno passare come delle dementi durante il ciclo, poi con la maternità, e si conclude con la vecchiaia quando tra colle per dentiere e pannolini assorbi pipì la salvezza sarebbe l’intervento dei Maya che, purtroppo, hanno già fallito miseramente.
Avete presente la pubblicità dei pannolini? C’è una bella ragazza che si rivolge alla telecamera e chiede con fare naturale quanto le tette di Francesca Cipriani: “C’è un pannolino che torna asciutto in fretta?”. Certo cocca, l’hanno inventato apposta per te e per il tuo pargolo. No che non c’è cara mia! Cioè, non puoi mettere il pannolino al bambino e fottertene per ore, lo devi cambiare, si si.
Ma colei è una novellina se confrontata alla mamma nello spot del latte in polvere. Ora, sappiamo che per questo prodotto ci sono severe normative a regolamentarne la sponsorizzazione. Ma qualcuno ci prova sempre, ed è pure bravo a farla franca.
Attenzione, siamo a casa di Michaela, mamma di Amelie. E giuro, io a casa sua manco ci volevo entrare, è lei che è entrata a casa mia e senza nemmeno essere invitata! Bene, Michaela ha la faccia da donna qualunque, di quelle che potresti sedertici sopra alla fermata dell’autobus perché non la noti, ma la voce è come quella di Maria Amelia Monti, solo che lei è simpatica. Michaela, povera stella, è mamma di Amelie da più di un anno e ancora non ha capito di cosa ha bisogno sua figlia.
No certo, meno male c’è il latte crescita Goblin (nome di fantasia) che se no come cacchio faccio a tirare su mia figlia?
“Diventi mamma dal primo momento in cui lo scopri. Il primo bagnetto, la temperatura sbagliata (ma sei scema? Immergere un gomito? Usare un termometro? No, facciamo il bambino bollito). Metti, fai, disfa (disfi cosa? Mah). Poi la grande guida te la indica solo il tuo istinto di mamma (questo è vero pirlona, ma il tuo è in coma da mesi, sappilo); con questo barattolo ho trovato la tranquillità.” E che ci sarà mai in quel barattolo? La pietra filosofale? Il sacro Graal? Un dente di mammut? L’arca dell’alleanza o il vello d’oro? No. Latte in polvere per la crescita.
Ah ecco. E qui torniamo all’istinto comatoso di mamma e si capisce perché. No, tu davvero vuoi farmi credere che il latte di crescita ti ha salvato il culo? Ah ma no, è che nella formula c’è il Porciputri (nome fittizio) che rende tutto più facile: tuo figlio è più felice, tu sei più serena e tutto il mondo sembra più bello. Ma davvero nel barattolo c’è latte in polvere? Inizio a nutrire dubbi e in testa mi risuona la canzoncina di Pollon “Sembra talco ma non è…”.
Insomma, bel mondo quello delle mamme, e in effetti lo è, ma magari meno socializzanti e meno rincoglionite dagli spot, please.