Peperoni rossi fritti alla fermata del fiume
Oggi non vi parlerò della finta luce portata, in questa era, da un illuminismo illusorio. Punto numero uno, perché è un concetto complicato da spiegare; punto numero due, perché nemmeno ho capito di cosa si tratta. Di cosa vi parlerò?
Voglio iniziare da una citazione di un noto filosofo intonato: La legge morale dentro di me, il cielo stellato sopra di me.
Ma i peperoni cuoceteli bene prima di servirli, altrimenti non si digeriscono. Volete che vi parli di cibo? Ne vogliamo parlare o vogliamo prima mangiarlo? Mangiamolo, altrimenti si raffredda! Perché poi non si può filosofare e cucinare insieme. Una delle due cose ti esce male. Se poi ti metti anche a cantare… Ma non voglio tediarvi. Come quel giorno in cui, rivolgendomi ad un pianeta, gli intimai: Marte, dì! Lui non disse e intervenne Giove, in ritardo come al solito, dicendo: a me non intimi mai niente? Uomo o donna? Risposi. Uomo reparto uno, donna reparto due. Ma molti articoli mancano, stiamo facendo l’inventario. Ecco, l’assenza. Intimare non è solo un verbo. Intimare. Veste le nostre vergogne interiori. Più che un verbo, dunque. Un abbigliamento sottocutaneo lessicale. La vera vestizione dell’essere.
Ehi, dico a lei, non si può girare nudi per il negozio! Ma forse mi sto allontanando dal punto cruciale, come il fiume che scorre sotto il ponte. Allora mi chiedo: il fiume ha fretta di arrivare al mare o desiderio di scappare dalla fonte? Qualcuno glielo chieda se è felice di scorrere. Perché l’acqua che ristagna è un conto, l’acqua corrente, invece, è un altro conto. Se state pensando al conto corrente, non è questo il momento. Ora è il momento di ricostruire. Ricostruire partendo dall’esistente. Bisogna cementificare i dubbi e abbattere le certezze. Non ci saranno nuove colate a picco di materia prima. Non bisogna spostare la costruzione della conoscenza, ma si dovrebbe ripartire dalle fondamenta dell’incertezza. E questo è quanto, disse lo scienziato. Ora vado che per sbaglio ho lasciato l’affettatrice accesa.