Alghero d’inverno
Alghero d’inverno ha il suo fascino. Lontano dalla mondanità, dal caos e dalla confusione dell’estate, la bella cittadina catalana diventa un salottino intimo, fatto per pochi amici che si ritrovano a passeggiare tra le strette “carrer” del centro. Non c’è un motivo per andare ad Alghero durante i mesi freddi, prendi la macchina, una bella domenica di gennaio, e lasci che semplicemente segua la strada. Il sole è una palla di fuoco che si avvicina piano piano al sinuoso profilo di Capo Caccia, il grande dinosauro arenato nella baia e che separa le acque del mare aperto con quelle che, con morbida spuma, fluiscono verso Porto Conte.
Il cielo sembra spennellato con indaco e violetto. C’è vento alla sera, quel vento che in Sardegna non manca quasi mai, e che quest’inverno è poco più fresco di un’apprezzabile brezza. Ci incamminiamo verso la Cattedrale, bella con la sua facciata Neoclassica restaurata di fresco, ma che con quelle tinte troppo bianche e troppo gialle stride un po’ con la gradinata e con l’imponente campanile. Coi tacchi incespico nell’acciottolato della strada. Arriviamo ai bastioni e il sole sembra farci un ultimo inchino spappolandosi tra rossi e dorati che si amalgamano col blu plumbeo all’orizzonte. Il dinosauro dorme. La vecchia catapulta diventa impercettibile nel buio. Ogni tanto si deve tornare ad Alghero per farsi spettinare dal vento e spazzare via i brutti pensieri.
Verso la torre de Los Chuchos, St. Jaime, qualcuno azzarda una foto sul mare che finisce d’illuminarsi nel sole morente. Qualche bambino corre lungo la passeggiata che porta alla piazzetta Sulis, ritrovo delle mie notti adolescenziali e di quelle di tantissimi altri ragazzi, molti dei quali turisti. Qui ci si dava appuntamento prima di finire la serata del sabato in discoteca, arrampicandosi tra gli angusti tornanti di Scala Piccada. Fa strano passeggiare in questa piazza testimone dei miei ormoni in delirio un ventennio fa, mano nella mano col mio bambino. La luce dei lampioni è volutamente calda, giallina. C’è parecchia gente nel bar, qui sì con i tavolini fuori. Giovani, tantissimi giovani, ma anche qualche coppia. Respiro e mi godo l’aria buona. Ogni tanto si deve tornare ad Alghero per farsi spettinare dal vento e spazzare via i brutti pensieri. Ogni tanto Alghero ti chiama.
Bello il corso animato con i bambini in festa che spargono coriandoli. Qui tutti i locali sono aperti, come se si trattasse di un microcosmo a parte. Gelati trionfanti, l’odore dell’incenso che fa capolino dalle chiese spandendosi tra la folla. Perfino le botteghe del corallo riversano sulle strade i loro monili scontati al 50%. Ma preferisco tornare sul lungo mare, quello adiacente al quartiere Liberty, dove tante volte avevo cantato negli storici locali che si affacciano sul mare. Una vita fa. Il vento puntiglia. Il cielo è nero e non si distingue più la linea di confine col mare. Il dinosauro dorme placido, mentre la luce del faro sembra dire: “Fate piano, non lo svegliate”.