Casa di Giò
“L’ essenziale è invisibile agli occhi” (Antoine de Saint-Exupéry)
… ti porto in un luogo delineato da paletti in legno grezzo piantati su un cordolo di pietre secche, ammucchiate – sembra – prima della storia…
Percepisci la linea sottile che lo separa dalla natura esterna e, riflettendosi lontana, nel mare che ci respira dentro, ritorna eco vibrante, tra quei paletti asciugati dal vento e ti raggiunge. In questo luogo siepi grigioverde disegnano il confine tra il giardino e le campagne circostanti, ergendosi a muro protettivo alto e severo. Ti accolgono alberi d’ulivo con la loro elegante saggezza, sentinelle sul prato spontaneo che solletica i piedi nudi con la gramigna e piccole cicorie.
Dall’altra parte della casa quel prato lo incontri in inverno puntellato di margherite bianche; alcune le vedi esplodere dalle fessure di una pedana regalata dal mare che delinea un percorso senza inizio né fine.
Più avanti pietre di zucchero nascondono piante selvatiche e il timo fiorisce viola profumando l’aria di essenze lontane.
Nell’estremo angolo del giardino un canneto ti ristora d’ombra estiva. Il gazebo costruito con quelle canne, sotto il sole tagliente, proietta un’ombra rarefatta sul tavolo opaco, e le panche attorno offrono un momento di riposo. Nel patio invece, l’ombra è più decisa, custodisce all’aperto il soggiorno di Giò: tutto il sapore di un interno che si allaccia alla natura circostante.
La casa ha i colori delle cortecce, Giò l’ha costruita con materiali naturali e colorata con la terra del suo giardino.
I davanzali in pietra ospitano zucche e fiori secchi, conchiglie e pietre di mare. E dal terrazzo lo vedi brillare, e affiorare all’orizzonte le isole di Levanzo, Marettimo e Favignana; certi giorni le cogli nitide tra gli azzurri e gli aranci dei tramonti.
E un vento…
Piante coriacee osservano il sole. Non tutte amano quel vento acerbo, a volte selvaggio e prepotente… Lui invece ama Giò, che lo assapora nei loro angoli preferiti: una sedia bianca e sola, il cantuccio del tè nei ceppi di pino, quel salottino caramellato dal sole, una roccia asciutta e bianca.
Lo assapora in riva al mare, nelle sue passeggiate quotidiane sciolte alla stessa ora come preghiere.
Lo conosce bene Giò quel mare: calmo e quasi immobile o rumoroso e frizzante, mosso che penetra denso di profumo o in tempesta che frusta di rabbia su scogli e battigie. In inverno ha tutti i toni del grigio e l’ intimità è più forte tra lei e le sue onde.
Giò respira il suo mare ogni mattina, poi torna a casa e mangia riso in bianco, pesce e verdure. Con la frutta appena colta prepara conserve che regala alle amiche, insieme a dolcetti di semi di lino e zucchero di canna.
Frutta e fiori adornano il tavolo dove Giò dipinge pranzetti dal sapore antico.
Sediamo tutti insieme e il mare infinito siede con noi.
Lei a capotavola, poco distante da tutti e con il vento alle spalle che purifica il cuore. Mi ha insegnato a respirarlo, a riempirmi d’inesauribile.
Casa di Giò è un Elisio. È quel luogo creato dal suo niente, dal suo essenziale invisibile agli occhi che lei mi ha insegnato come le stagioni. Vai a trovarla acqua e sapone: niente trucchi, niente segreti.
Giò convive con la Mcs : non sopporta più tutta la chimica del mondo. Ma lo ama, perché ama la vita.
È stato un attimo, senza rumore, neanche un sibilo, niente, Mi è scivolato il toner. Mi sono chinata, stavo per raccoglierlo quando si è schiuso, è bastata una fessura, uno spiraglio e si è aperto l’inferno.
Giò ha percorso un inferno che le ha fatto perdere la sua identità.
Frammenti di cose e persone che precipitano in un’improvvisa immobilità. Tutti i gesti, i ricordi e le cose che amo e che mi porto appresso da quando sono nata, cadono, come calamite appese al metallo sbagliato. Non mi resta niente di mio, niente di me.
Lei sorride, custodisce quel dolore insieme agli oggetti lavorati dal mare. E lo sente vicino perché il mare le dà la forza del vento.
Giò è diversa da noi: è migliore.
Giò dorme con la finestra aperta anche d’inverno e si copre solo con lenzuola di cotone bianco, lavate mille volte con acqua piovana. Giò usa abiti tanto lavati da diventare sottili come tele trasparenti. Giò lava le stoviglie con acqua senza cloro, sale e limone. Giò si lava con l’acqua minerale e asciuga i capelli al sole. Giò non usa forno né ferro da stiro. Giò non assume farmaci e ha rimosso le otturazioni ai denti.
Come mi abbraccia Giò non lo fa nessuno: lei mi abbraccia con l’anima ed io con la mia.
Giò mi appartiene, il suo problema mi appartiene come la parte più vera di me appartiene a lei.
Come mi abbraccia Giò non lo fa nessuno: lei mi abbraccia con l’anima ed io con la mia.
(I testi citati in corsivo sono tratti dal romanzo-reportage sulla Mcs: Tilt, di Caterina Serra, Einaudi, 2008)