La distanza di un abbraccio
La distanza che poniamo tra noi e gli altri è un fatto “sociale” e ciascuno di noi gestisce il proprio spazio in maniera diversa a seconda delle circostanze. Immaginatevi di essere al centro di tre ellissi concentriche e sistematevi in modo che i due raggi più lunghi combacino con il vostro asse sagittale. Ogni ellissi rappresenta uno spazio preciso che permettiamo agli altri di invadere a seconda della confidenza che gli abbiamo concesso. Esistono quindi tre diverse distanze: la distanza intima è quella che tengono tra loro persone legate dal massimo grado di confidenza, e permette di percepire il calore, l’odore della pelle, il respiro dell’altro; la distanza personale è quella che concediamo agli amici quando, ad esempio, ci fermiamo a parlare con loro; la distanza sociale è quella che caratterizza i rapporti pubblici e professionali.
Per creare una maggiore intimità o, al contrario, prendere le distanze con qualcuno basterebbe solo sconfinare nelle giuste zone.
Spesso l’amministrazione personale di queste distanze è influenzata anche da fattori culturali ben precisi. Per esempio gli arabi preferiscono stare molto vicini tra loro, quasi gomito a gomito, mentre gli europei e gli asiatici si tengono fuori dal raggio di azione del braccio.
Banale ma evidente anche la distinzione tra nord e sud: i popoli mediterranei infatti hanno una maniera sicuramente “più intima” di relazionarsi agli altri rispetto ai nordici.
Altra differenza si ha tra i sessi, i maschi infatti si trovano più a loro agio a lato di una persona, invece le femmine preferiscono averle di fronte.
Anche il modo in cui aspetti in ascensore l’arrivo del tuo piano insieme ad altre persone può raccontare chi sei: gli europei in ascensore si pongono a cerchio con la schiena appoggiata alle pareti, mentre gli americani si pongono in fila con la faccia rivolta alla porta.
Ecco, detto ciò, credo che aeree e distanze sono cose giuste, molto giuste, poco sindacabili, proprie, personali. Ma a me sono sempre piaciute poco. Se c’è una cosa che adoro fare è invadere e sconvolgere questi schemi. Cosa importa se ti regalo subito tanta confidenza, se mi affeziono troppo presto, o se sono la solita terrona provincialotta che gesticola e ti tocca il braccio quando parla? A me piace così. Amo il contatto, lo stare vicini, sentire la persona. Un abbraccio, quando sentito, non lo negherei a nessuno. Il problema è che ho bisogno di farlo troppo spesso, e troppo spesso abbraccio anche cose, ma questa è un’altra storia, magari un altro giorno ve la racconto.
Amo stringere un amico, fargli capire che si è vicini, si è presenti, dirgli con quel contatto che, qualunque cosa vi accada, imperterriti continuerete a dire stronzate davanti a una bionda 0,40. Stringere tua figlia, capire, respirando il suo profumo, che tu hai bisogno di lei molto più di quanto lei possa mai avere bisogno di te. Abbracciare tuo nonno e sperare di ricordare per sempre quella sensazione così perfetta di protezione, il caldo ricordo d’infanzia, il piacere di sentirsi incondizionatamente amati. Svegliarsi di soprassalto di notte e avvicinarmi a lui, abbracciarlo, incastro perfetto, scomparire nel suo respiro, sentire il suo cuore, sincronizzare il battito e d’improvviso calmarsi, tornare a dormire, essere felice.
Non molti saranno d’accordo, ma non c’è niente di più bello, intimo e vero di un abbraccio. In quella stretta, in quei corpi che combaciano, che si toccano, che si confondono, si esprimono milioni di sentimenti: amicizia, affetto, amore, compassione, pietà, vergogna, meraviglia, entusiasmo, nostalgia, malinconia, tristezza, angoscia, abbandono, perdono… Quale altro gesto può fare tutto ciò? Anche se nessuno studio l’ha ancora provato scientificamente, io sono convinta che un abbraccio allunga la vita. O perlomeno la rende decisamente migliore.
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Polpo d’amor – Vinicio Capossela
Troppe braccia per non abbracciarti
tentacoli senza tentazioni
troppe braccia per non abbracciarti
tentacoli per cercarti
spettri danzano negli abissi
negli abissi danzano
vascelli fantasma
e non ti trovo compagna
Mando messaggi di inchiostro nero nero
per trovarti nel nero nero
mando messaggi di inchiostro nero nero
nel nero nero
otto braccia per abbracciarti
otto braccia mi mancano
otto braccia per ritrovarti
otto braccia mi mancano
e quando infine io ti troverò
cento ventose io ti attaccherò
e danzeremo insieme
questo polpo d’ amore
L’ abisso è scuro scuro
l’ inchiostro è nero nero
mando messaggi di profondità
lettere di profondità
e quando infine io ti troverò
cento ventose io ti attaccherò
e danzeremo insieme questo polpo d amore
otto braccia per abbracciarti,
otto braccia mi mancano
otto braccia per abbracciarti