Via dalla comfort zone
Il bello di mettersi in gioco è quello di scoprire cose nuove, vivere esperienze impensabili e distaccarsi più o meno traumaticamente dalla propria comfort zone finché la magia accade e il mondo sembra un posto un po’ meno spaventoso. Prima di giungere al nostro lieto fine però dobbiamo ingoiare un po’ di rospi tenendo a mente che questo è il prezzo da pagare.
Nuotare lontani da tutto ciò che si conosce, guardare la riva allontanarsi e sentire il fondale sempre più profondo può essere una sensazione terrorizzante e liberatoria allo stesso momento, solo che a volte una sensazione prevale sull’altra.
Sabato pomeriggio, facoltà. Una compagna di corso non molto interessata ai rapporti sociali, o forse all’educazione in generale, gira il viso sterile dopo un “ciao” secco, ancora incastrato tra la gola e un sorriso abortito. Una docente acida dagli occhi penetranti e saccenti mi sputa addosso tutte le cose che non so, le cose da sapere, le cose che mai saprò, le cose che posso solo aspirare a sapere e indica beffarda un foglio pieno di correzioni.
Ho scelto di non avere tempo per pensare di aver paura.
Parto da uno scalino più in basso e da lì osservo occhi di ghiaccio e mani che non accolgono i miei saluti. Rimango incerta sul da farsi. Solo un istante. Solo per capire che partire dallo scalino più basso significa percorrere le scale a due a due e vedere una conversazione morire vuol dire guardarne un’altra fiorire.
Per nuotare bisogna sempre muoversi, riscaldarsi e adattarsi alle correnti.
Ho scelto di non avere tempo per pensare di aver paura. Preferisco avere tempo per prendere la rincorsa.