Merde… ed è spettacolo!
I miei amici cantanti sono tutti superstiziosi. Prima di ogni spettacolo ognuno di loro ha un rito da compiere: chi beve il suo intruglio di tè, miele e quant’altro; chi mangia una mela, chi tiene in camerino un amuleto. Tutto questo forse per cacciare dalla mente quella forma di insicurezza e di ritrosia che avvolge la personalità degli artisti e che superano soltanto quando si apre il sipario e si trasformano nei personaggi da interpretare.
Nei loro camerini, accanto allo spartito dell’opera che guardano e riguardano prima di andare in scena e dopo aver riscaldato la voce con i vocalizzi, si trovano bottigliette d’acqua, thermos e oggetti vari.
Il rito si compie già all’ingresso del teatro circa due ore prima dello spettacolo. Alcuni salgono sul palcoscenico la mattina da soli e immaginano la platea piena di spettatori; altri appena svegli cominciano a produrre i primi suoni, altri ancora tacciono tutto il giorno per far riposare la voce e tutti o quasi non mangiano prima di una recita. Un soprano, invece, è solita mangiare un petto di pollo prima di ogni esibizione sostenendo che questo l’aiuta a tenere il diaframma a posto per i suoi scintillanti acuti.
Senza parlare delle opere o delle romanze che di solito è meglio non avere in repertorio.
“La forza del destino” per esempio viene spesso citata solo come la ventiduesima opera composta da Giuseppe Verdi perché è tradizione credere che ogni produzione di questo capolavoro sia stata sempre funestata da sciagurato destino. Ogni regola ha la sua eccezione e così per il baritono Renato Bruson questa opera ha segnato il debutto nei più prestigiosi teatri del mondo. Ma tant’è che spesso e volentieri questo titolo si trova poco nei cartelloni, e non solo perché impone ai cantanti che la devono eseguire grande perizia e difficoltà tecniche e interpretative.
Luciano Pavarotti era solito mettere in tasca cinque chiodi raccolti a terra e lasciati sul palcoscenico dagli attrezzisti. Alessia Sparacio, invece, ama bere acqua con tanti cubetti di ghiaccio.
Anche morire sulla scena impone gesti scaramantici. Alcuni incrociano le gambe quando esamini giacciono sul palcoscenico, altri incrociano le dita.
In tutte le tradizioni teatrali è considerato malaugurante fare gli auguri di buona fortuna o di buono spettacolo agli attori prima di andare in scena. Nel mondo dello spettacolo anglosassone le formula è “break a leg“, rompiti una gamba. Secondo la spiegazione più verosimile “rompersi una gamba” sarebbe l’espressione per indicare l’inchino per raccogliere gli applausi del pubblico. Anche in questo caso una frase all’apparenza poco propizia in realtà nasconde un’espressione di buon augurio.
Nella tradizione teatrale italiana e francese la formula augurale che si usa prima di uno spettacolo è “Tanta Merda!“. Anche in questo caso bisogna risalire alla storia. Già nel diciassettesimo secolo il pubblico era solito andare a teatro in carrozza.
Secondo la spiegazione più verosimile “rompersi una gamba” sarebbe l’espressione per indicare l’inchino per raccogliere gli applausi del pubblico.
Un’altra espressione usata nel mondo della lirica è “Toi Toi Toi“. Queste tre parole apparentemente senza senso erano originariamente utilizzate per scongiurare un incantesimo e ancora oggi vengono accompagnate da rintocchi sul legno. Una spiegazione plausibile vede “toi toi toi” come il suono onomatopeico di sputare tre volte. Sputare tre volte sopra la testa di qualcuno o la spalla serve ad allontanare gli spiriti maligni.
Le superstizioni che accompagnano ogni produzione teatrale investono anche i colori dei costumi. Nel mondo teatrale italiano è considerato sfortunato il colore viola. Questa superstizione deriva dal fatto che il viola è il colore dei paramenti liturgici usati in Quaresima. In questo periodo dell’anno nel Medioevo erano vietate tutte le rappresentazioni e per gli attori un periodo di mancati guadagni.
I miei amici cantanti rispettano minuziosamente questi riti e cercano di compensare l’ansia da prestazione attraverso il rituale imposto dalla tradizione. “Non è vero ma ci credo” è il loro imperativo e allora: merde, merde, merde!!!