Il berretto a sonagli – Teatro India
La scena. Nella scena un palco. Nel palco un’idea: un motivo ornamentale che distrattamente cela il ricordo di una scacchiera. Sulla scacchiera pedine a servizio di un’epoca dai doveri in primo piano e dai diritti sfocati; pedine a servizio di una cultura che racconta dell’onorabilità dell’uomo attraverso i sui vizi e di quella della donna attraverso le sue virtù; pedine a servizio di “corde civili” intonate sui registri dell’opportunità, declinata questa non come possibilità ma come calcolato utile. Opportuno è dunque arginare le evidenze per impedire gli scandali, correggere la realtà accomodandola secondo esigenge di pubblico decoro, alimentare la quieta convivenza sociale attraverso il silenzio, la sopportazione e la considerazione dell’uomo per ciò che è: un pupo.
E specchi. Tanti specchi. Enormi specchi a moltiplicare i pupi
E specchi. Tanti specchi. Enormi specchi a moltiplicare i pupi, come a sottolineare che ogni uomo ha tanti aspetti, uno per ogni inquadratura possibile. E tutti aspetti necessari, utili per accondiscendere ai molteplici interlocutori che devono essere da noi trattati non in base a ciò che noi siamo, né in base a ciò che noi siamo in relazione a loro, né in base a ciò che loro stessi sono. No. Solo ed esclusivamente in base a ciò che loro credono di essere. L’uomo che prende le misure all’uomo. L’uomo che cuce l’abito della convenienza. Maschere intercambiabili che rendono possibili le relazioni. Il compromesso sociale. Compromesso che a volte è viltà a volte è coraggio. Ma chi giudica quando è l’una o quando è l’altro? E quanto giova l’alibi della follia quando l’essere umano aggira un’intera società civile, sempre schierata in difesa, facendole un elegante gol di tacco? E quanto giova l’alibi della follia per evitare
E cos’è la follia se non la convinzione che la follia sia l’unica soluzione?
che la società civile, preso il gol, passi alla controffensiva? È utile una controffensiva? Non è forse più utile accettare (con mal celato scherno) la follia che disturba un equilibrio sociale, come magnanimo atto di compassione? E cos’è la follia se non la convinzione che la follia sia l’unica soluzione? Una regia che conserva l’idea dell’autore e la ridipinge con guizzi che accentuano i caratteri dei personaggi. Valter Malosti, regista in scena, detta i tempi di uno spettacolo preciso, senza sbavature, senza cali di tensione. Un ritmo costante che mantiene alta l’attenzione del pubblico e che a intervalli puntuali salta un battito: un’innocua extrasistole che lascia per un attimo il fiato sospeso per consentire ai polmoni di slanciarsi in una fragorosa risata. Novanta minuti così. Novanta minuti di “pronti, partenza, risata”. Bravi gli attori a restituire l’intendimento di Pirandello prima e di Malosti poi. In serata di grazia Roberta Caronia. La sua Beatrice è gelosa e furente, seducente e ironica. E donna. Donna fino alla negazione della donna, tanto da scegliere di smettere di esserlo pur di vendicare se stessa.
“Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello.
Regia Valter Malosti
Teatro India, via Lungotevere Vittorio Gassman, 1 – Roma.
Repliche:
22 e 23 gennaio 2016, ore 21,00
24 gennaio 2016, ore 17,00