Lost in translation
C’è poco da fare, puoi allontanare il momento, pensare di avercela fatta, iniziare la danza del trionfo una volta imparate le espressioni idiomatiche, ma niente. Prima o poi ti troverai anche tu lost in translation. Mi è successo qualche giorno fa, gli occhi appiccicati alle vetrine mentre lo sguardo del mio collega è già perso nella ragazza che abbiamo di fronte. Gesticola, pensa, immagina e arriva alla conclusione che la ragazza deve avere per forza un ragazzo. Lo chiama dono che è la stessa parola che si usa per padrone. I cani hanno un dono, per capirci.
Mi fermo, un sopracciglio schizza via per poi ritrovarmi con un cipiglio grottesco.
– Hai detto dono? Ma lo sai che non è un cane?
Cerca di replicare, di giustificarsi, ma io parto già in quarta, senza ascoltare, senza pensare. Le mani si muovono più veloci dei miei pensieri e inizio a disquisire sulla scelta del termine, sul perché abbia usato dono e non rapaz, ragazzo. Un’espressione divertita gli ruba prima le labbra e poi gli occhi, per poi lasciarlo imbevuto di risate a pieni polmoni.
–Guarda che non è come credi.
–Ah, no? E io ora dovrei credere alla tua giustificazione? Guarda che non ci casco, anche se sono io la straniera qui.
E se avesse ragione? Le pulci all’orecchio sono gli insetti più fastidiosi, e più utili, che abbiano mai inventato.
Come può una lingua ammettere la stessa parola per designare un padrone e una persona così intima?
E rimango con le parole a mezz’aria. Come può una lingua ammettere la stessa parola per designare un padrone e una persona così intima? Il bello delle lingue è che quando inizi ad orientarti arriva il pezzo del puzzle con i contorni spigolosi e taglienti, così strani che non combaciano con il resto.
Combaciare con cosa, poi? Con la mia mente da italiana, le mie scelte linguistiche, la mia naturale connessione alla parola “fidanzato”, dal termine “fidanza” cioè fiducia, garanzia.
Ho imparato la lezione, cari amici portoghesi, ma le nostre lingue la pensano diversamente. Il nostro fidanzato si basa su un’altra fiducia, non quella del dono che al limite può avere solo fiducia che il suo cane non scappi.