La sindrome della formica
C’è poco da fare: soffro della sindrome della formica. Non è raro ritrovarmi con i calzini spaiati, i capelli in disordine, troppo pigra per il trucco al mattino.
La sindrome della formica si manifesta quando pensavi di esserne fuori. All’università, ad esempio, quando ognuno prepara il suo lavoro e a te sembra sempre che il loro sia migliore, più preciso, più ragionato, non come te che hai lasciato tutto alla fine e ora combatti tra lunghezze e scadenze.
O in ascensore, quando ti ripeti che sono le cinque e quaranta del mattino e nessuno farà caso ai tuoi occhi impastati di sonno per poi ricrederti davanti a chi vanta già una linea di eyeliner perfetta. La sindrome della formica ti porta a dubitare di te stesso sempre e comunque, perché non è mai colpa degli altri, perché avresti potuto pensarci prima, chiedere scusa, morderti la lingua.
Portiamo addosso la condanna della sensibilità che amplifica ogni gioia, ogni dolore, ogni mutamento.
Portiamo addosso la condanna della sensibilità che amplifica ogni gioia, ogni dolore, ogni mutamento. Aumenta vertiginosamente la maniera di sentire le mani, i cuori, i battiti e ogni parola diventa facilmente una spada, ogni silenzio un’impasse.
La cura ce l’abbiamo già tra le dita ma non sappiamo come usarle. Non sappiamo pulire le lenti, tornare a vedere bene, smettere di sentirci formiche. La condanna non esiste, ce la siamo messa addosso ripromettendoci di smettere.
E allora occhi dritti, capelli scompigliati nella loro grazia e occhi impastati di sogni. Nessuno si merita di sentirsi formica.