Vent’anni
Cresce un bambino, in vent’anni, e diventa uomo.
Un uomo, invece, si avvia a quella fase in cui il “tutto aperto” di un tempo è una prospettiva sempre più stretta, un angolo di visuale angusto. Cambiano governi, epoche, abitudini sociali e individuali, modi di comunicare, in vent’anni. Cambia la vita tutt’intorno, tranne il ricordo di ciò che è solo dentro e non più fuori.
E lì dentro, non cambia mai.
Le fiamme di amori appena nati divampano, diventano incendi contagiosi, spesso poi si spengono. E altri cicli vitali ripartono, finiscono, ripartono. I sogni si trasformano in realtà, a volte in atroci delusioni, in vent’anni. Oppure, si dimentica persino di averli sognati, un tempo. Nascono tante nuove vite, in vent’anni. Anche chi ha subito una perdita genera nuove vite, in una sorta di catena in cui comunque certi incastri rimangono incompiuti e imperfetti, sempre.
Tra la presenza e l’assenza il confine è così sottile, come tra il pieno e il vuoto, tra la gioia e il dolore.
Una madre, un figlio mai nato, un amico, un fidanzato, un fiore reciso comunque troppo presto: rimane tutto lì.
Solo che non è più visibile a occhio nudo, se non in foto.
Il mondo, il mio mondo, i cieli e la terra, io stesso: tutto è cambiato in vent’anni; ma certe immagini e certe emozioni non cambieranno mai. In vent’anni né in cento. Tra la presenza e l’assenza il confine è così sottile, come tra il pieno e il vuoto, tra la gioia e il dolore. Siamo ancora e sempre noi, come quando mi generasti, come quando mi raccontavi i miei primi giorni di vita, come quando ti tenevo la mano sofferente.
Siamo ancora e sempre noi, vent’anni dopo quella notte in cui ogni singolo fotogramma è qui, come fosse ieri, come fosse ora.
Siamo ancora e sempre noi, vent’anni dopo.
E devo ancora capire come una persona che non c’è più ci sia ancora così profondamente; e come la morte si incroci continuamente con la vita che resta, i sorrisi con le lacrime, un fiocco rosa con una lapide, il bisogno di distacco col bisogno disperato di rimanere attaccati con la colla.
Il bisogno di accettarla, con la voglia rabbiosa di fottere la morte. Una battaglia che non si può vincere.
O forse no, con la memoria del cuore si vince…