Ricordati di me
Si ricomincia. Un altro anno è passato, e quello appena iniziato richiede, come tutti i neonati, delle attenzioni in più, degli accorgimenti particolari. Ha fame di esperienze, di buoni propositi, fioretti che la maggior parte delle volte, per quelli come me, a qualche mese dal giorno uno, sono già scemati o accantonati, perché tanto… c’è tempo. Nel frattempo, ci provo: per quest’anno, proverò a togliere i filtri.
Gandhi diceva che “qualunque cosa tu faccia sarà insignificante, ma è molto importante che tu la faccia“. Credo che la seconda parte della citazione sia quella che in un modo o nell’altro mi aiuta a portare avanti idee, progetti, sogni, forse solo illusioni, nella speranza che prima o poi, il tempo mi darà ragione. Mi sta capitando sempre più spesso di incontrare persone che incrociano il mio cammino e che, non so esattamente perché, vorrei restassero nella mia vita e non fossero solo di passaggio. Allo stesso tempo, mi consolo al pensiero che almeno “resterà il ricordo“. Stiamo vivendo in un’era in cui tenersi in contatto sarebbe anche troppo facile, invece le persone tendono a volersi dimenticare degli incontri fortuiti, dell’individuo che in coda alla cassa ha pagato la spesa per te con un gesto incondizionato ed estremamente gentile, di colui che ha tenuto la porta del tram aperta perché tu che arrivavi correndo non perdessi il treno. Proprio io, ho sempre voluto dimenticare.
Dimenticare i dolori, le persone che ti fanno del male, le emozioni forti che ti segnano l’anima, ma non solo. Per lungo tempo ho desiderato dimenticare anche i ricordi belli, quelli che ti piegano gli angoli delle labbra all’insù, che ti fanno scendere una lacrima e ti emozionano ancora. Volevo cancellarli perché loro troppo belli, e io troppo triste al pensiero che certe situazioni non potessero più capitare.
Sarà la schizofrenia, il bipolarismo, sarà la vecchiaia che avanza, saranno i poli della terra che stanno invertendosi (chi lo sa), ma al momento voler dimenticare è passato in secondo piano. Molto è stato dimenticato forse, o ancora meglio, sono semplicemente riuscita a chiuderlo a chiave in una stanza della mia memoria, che sarà bene tenere chiusa, tanto ci pensa l’inconscio a rispolverarla ogni tanto, durante il sonno. Ho fatto spazio per altri ricordi, ma soprattutto, c’è un pensiero fisso che continua a girovagare per le anticamere del mio cervello creando scompiglio: ricordati di me.
Era già successo in passato, tanto che durante il liceo e i primi anni di università mi dedicavo alla scrittura di pensieri e parole che potessero liberarmi la mente e allo stesso tempo rimanessero impresse per i posteri. I miei diari non sono nemmeno lontanamente paragonabili alle letture alte e rigonfie di memorie importanti come quelle che vengono tramandate di generazione in generazione riguardo testimonianze di guerra o simili, ma resteranno comunque più per i diretti discendenti che per il mondo in generale. L’idea che miei figli o nipoti futuri potessero leggere come funzionasse il mondo decenni prima della loro nascita, mi aiutava a stendere parole su parole, magari anche senza un senso logico, per il solo gusto dell’essere ricordata. Ora non so esattamente quale sia la mia posizione al riguardo, però, anni or sono, ho bruciato gran parte dei ricordi. Li ho riconsegnati all’etere, perché pensavo che non avessero valore. Non quanto altro di più importante, di più interessante, meglio scritto e meglio espresso. Poi me ne sono pentita. Poi di nuovo ho scritto e ributtato tutto. Funziono così, cosa ci posso fare? Nell’era digitale ecco che arrivano i blog. Per anni ho pensato di scriverne uno mio, ma questa vocina in testa che continua a ripetere che “non saresti abbastanza interessante” mi ha sempre dissuasa. Enrico mi ha proposto di fare parte di un blog che parlasse delle mie esperienze in terra straniera; all’epoca, soggiornavo a Melbourne, e l’idea non mi era dispiaciuta. Facciunsalto.it mi ha aiutata a cominciare a scrivere almeno di quello che mi accadeva in Australia, così da spingermi a voler parlare anche di altri eventi, di altri ricordi, ma ancora oggi, i filtri personali che non mi permettono di essere libera di scrivere ciò che vorrei, come vorrei, lo confesso, sono a trama fitta e gran poco trapassa.
Nobody knows what a Smile can hide
Quelli che dicono che a scrivere sono capaci tutti, non hanno mai provato cosa significhi sentirsi spogliati, probabilmente. Non di indumenti, o di trucco coprente. No!Quella che resta nuda, davanti a tutti, è la tua anima. E’ pudica e si vergogna di ogni minimo difetto già quando è ricoperta di un corpo importante, figuriamoci se fosse esposta così, davanti a tutti come se messa alla gogna. Quindi si scrive, si racconta di storie più o meno vere, di fatti realmente accaduti, di pensieri che tormentano il sonno o di idee pazze nate così, in un giorno di neve leggera che ghiaccia una volta toccata terra ma che si scioglie nelle scie delle ruote di aerei che decollano a due a due e passano sopra la tua testa come aquile in perlustrazione.
Allora scrivo. Non bene, ma lo faccio. E tu, ricordati di me. Tu che non mi conosci. Tu che hai incrociato il mio sguardo per sbaglio, o tu che hai gradito una mia gentilezza, tu che mi hai lasciato passare senza chiedere, tu che mi hai vista una sola volta ma non mi hai guardata. Tu che leggi queste parole. Tu che non sai che tutto ciò che ho lasciato finora nel mondo telematico, è sempre e comunque smussato, modificato, livellato perché ancora non sono pronta a mostrare ciò che sono. E forse non lo sarò mai. Dopotutto, come dicevo all’epoca e come ho tatuato sulla pelle e sul cuore “nobody knows what a smile can hide” e io, si sa, sorrido sempre.