Questione di italianità
Italianità:
– Ma tu buongiorno come lo dici? Con la o chiusa o aperta?
– Con la o chiusa, perché tu come?
– Io l’ho sempre pronunciato con la o aperta, ma perché al Sud abbiamo questa tendenza. Le vocali sono sempre un po’ più aperte, e lo stesso facciamo quando parliamo in dialetto.
All’estero mi sono scoperta più italiana di quanto pensassi. Con un misto di stupore e soddisfazione ho realizzato che nel confronto con il nuovo e il diverso mi aggrappo alle radici. Scopro la mia italianità, rifletto sulla cadenza canterina che abbiamo. E penso che se non fossi italiana imparerei questa lingua così variegata per il puro piacere di rendere eleganti e colorati i miei discorsi.
Eppure quella mattina in quella caffetteria parlando con una toscana dagli occhi blu ho sentito tra le mani la nostra eredità fatta d’arte e bellezza.
E insegno a tutti come pronunciare il mio nome correttamente, con la g che mi porto nel mezzo un po’ più dura: Angela e non Angela con la g più morbida, quasi come se ci fosse una s prima. Perché quando mi chiami stai anche chiamando il posto da cui vengo e allora io ti voglio dare un pezzetto della mia terra, voglio lasciare tutto inalterato. Ed è in questo gioco di dare e avere, in questo equilibrio sempre pronto a rigenerarsi che ritrovo il mio nome e do un nome agli spazi, agli eventi, ai cambiamenti.
È questione di italianità, una componente aggiuntiva di cui ho preso coscienza solo ora. Non si smette mai di aggiungere al proprio DNA.