Che cosa fai all’ultimo?
Che cosa fai all’ultimo? I più sadici iniziano già alla fine di ottobre con questa domanda. Quesito che tra gli amici assume la stessa popolarità del E il fidanzato/la fidanzata? tra i parenti. Per varie ragioni e a seconda della persona presa di mira. C’è chi davvero si cruccia per trovare un modo – alternativo, originale, figo o semplicemente diverso dal nulla – per trascorrere la notte di San Silvestro. Come se il come e il dove scatterà la mezzanotte del nuovo anno sia determinante per la propria reputazione sociale e di conseguenza per la propria autostima.
la notte del 31 diventa la discriminante tra ganzo e sfigato, tra asociale e mondano, tra saper e voler vivere
In pratica un mese di stipendio – per chi ce l’ha buono – se ne va in poche ore. Non in fumo, in botti. Sì, vogliamo parlare anche di quelli? Dalle stelline scoppiettanti che forse hanno un senso al di sotto dagli otto anni in giù, ai fuochi con tanto di boato, giusto per rimpolpare l’inquinamento acustico. Ogni volta, oltre all’anno finito, si dà l’addio a qualche arto, ma al veglione successivo ancora tutti lì a rifornirsi di petardi e bombette. A questo punto, meglio davvero gli spettacoli pirotecnici organizzati dal Comune.
Non bisogna dimenticare poi le tradizioni culinarie. Da piccola mi erano del tutto estranee. Pensavo che mia nonna facesse le lenticchie in quei giorni perché erano scontate al supermercato. E che la stagione del cotechino dipendesse dalla caccia. Poi, al mio undicesimo San Silvestro, mi dissero di mangiare dodici acini d’uva al rintocco della mezzanotte come porta fortuna. Da lì iniziarono le mie sfighe. Che sarebbero cominciate lo stesso, per l’amor del cielo, ma fa strano che siano partite proprio da quel gesto propiziatorio.
Infine c’è chi il capodanno lo odia solo perché è capodanno. Cioè perché, al pari di ferragosto ma forse anche di più, la gente sente l’imperativo categorico di divertirsi a tutti i costi, caricando questa festa di ansie e aspettative a dir poco ridicole. La tradizione si svuota così dei tratti più caratteristici e la notte del 31 diventa la discriminante tra ganzo e sfigato, tra asociale e mondano, tra saper e voler vivere.