Elogio della nebbia
Partiamo da una mera constatazione: di tutti gli agenti atmosferici, la nebbia è il più bistrattato. Pressoché tutti amano il sole, qualcuno ama la neve, c’è chi apprezza la pioggia e chi trova poesia nella rugiada estiva.Perfino il vento ha i suoi estimatori. La nebbia no, la nebbia non se la fila nessuno. In quelle pianure dove la nebbia è presenza costante, essa è vissuta come un fastidio. Peggio: un marchio d’infamia. La nebbia è un figlio illegittimo, rinnegato dai lombardi che lo scaricano sulla coscienza degli emiliani che a loro volta accusano i veneti che però i piemontesi e allora i romagnoli, i romagnoli che te lo dico a fare. Si, da noi la nebbia c’è, lo ammetto, ma dalle loro parti di più. Ah, caro mio, se da noi pensi che ci sia nebbia significa che non sei mai stato là. Quelli, povera gente, no guarda, da vedere per credere. Pardon: vedere che? Manco la punta del naso si vede da quelle parti.
La nebbia è pesante. L’uomo annebbiato lo riconoscereste anche al di fuori del suo contesto uggioso. Guardate una qualsiasi immagine che ritrae una persona immersa nella nebbia: il capo chino, la schiena ingobbita. Un peso insostenibile, una paura ancestrale, una vergogna indicibile. Quelli della nebbia, quelli nella nebbia, quelli che hanno solo la nebbia.
La nebbia non l’afferri. Col cazzo che la tagli a fette come taluni insistono ad affermare. E’ un muro di niente, una coltre tanto spessa quanto inconsistente. Eppure odora di acqua fresca e ti bagna i capelli e il cappotto, quando l’affronti in auto non la sposti come fosse fumo eppure devi azionare i tergicristalli. La strada bagnata, il naso umido, la pelle appena sfiorata.
Eppure la nebbia, ad esempio, cancella le differenze sociali. Utilitarie e Suv camminano alla stessa velocità in un ordine dettato dal caso e non dall’arroganza. Nella nebbia nessuno ti giudicherà per la griffe del
La nebbia è fantasia e forse anche fantascienza. Quello che non vedi, lo immagini. Oltre quel muro bianco potrebbe esserci qualsiasi cosa. Gilgamesh. Il colosso di Rodi. Robespierre. Il Maracanà
E poi la nebbia protegge, dà un senso di umida protezione che ricorda la placenta. E’ un ventre materno che rende il mondo piccolo e antico. Incontrerete altre persone sul vostro cammino e non avrete la possibilità di soppesarne i tratti somatici, le peculiarità etniche. La vostra mente non sarà indotta a pregiudicare, perché nella nebbia non si anticipa nulla. Quello che appare è già successo.
La nebbia è fantasia e forse anche fantascienza. Quello che non vedi, lo immagini. Oltre quel muro bianco potrebbe esserci qualsiasi cosa. Gilgamesh. Il colosso di Rodi. Robespierre. Il Maracanà. Affini l’intuito, ti abbandoni all’immaginazione, riscopri una spiritualità che credevi perduta tra le pieghe della memoria e dei libri oramai ingialliti del catechismo.
Noi che veniamo dalle pianure alluvionali dei grandi fiumi alpini e appenninici non ve lo diremo mai, ma a noi la nebbia piace. Quando ci troviamo oltre le zone bianche, in quelle contrade prive del grande muro che tutto ottenebra, la cerchiamo di nascosto, senza farci scorgere dai non iniziati, coloro che ci sfottono e ci sfotterebbero se ci scovassero a cercare l’umida coltre sulla cima del Vesuvio o della cupola di San Pietro. L’urina del cane, l’ultima sigaretta, le idee da schiarire. Ogni occasione è buona per passeggiare nella nebbia e quando ci incontriamo nel mezzo di quel candido niente bofonchiamo una sorta di saluto in una lingua che non è semantica e non ha famiglie. E se per uno strano caso la nebbia si alza e restituisce il sole, ci sentiamo nudi, impreparati. L’ansia ci pervade lo stomaco e solamente il grande candore ci restituisce la quiete interiore.
Quindi venite a noi e alla nostra nebbia e lasciate i pregiudizi sotto i vostri assolati tetti, che tanto nella nebbia non sapreste che farvene. Faremo due passi in un orribile giardino di periferia e in men che non si dica vi crederete nella foresta nera. O a Central Park, se più vi aggrada. Chissà, magari ci stringeremo pure con la scusa di alleviare il pesante fardello. E finiremo per essere tutt’uno. Anche con la nebbia.