Altrove
La sfuggente sensazione di essere sempre parzialmente altrove. L’incapacità di essere tutto e per intero, qui e ora. Un disallineamento delle dimensioni di spazio e tempo. Altrove come luogo mentale. Altrove nel tempo, in attesa perenne di qualcosa di là da venire, o nel ricordo di qualcosa che appartiene al passato.
Fuori posto nella vita altrui e in quella propria
Fuori posto. Spostarsi. Fermarsi. Muoversi. Affannosamente. A volte con passo veloce, quasi correndo, oppure quasi immobili, con andatura esasperatamente lenta e caracollante. Muoversi, sgraziati, senza sapere bene da dove e verso cosa.
Aprirsi con tutta l’ampiezza delle braccia, poi chiudersi a riccio, come bambini imbronciati. Sentire di essere fuori posto e credere di cercar pace nella ricerca continua di un’oasi, dell’isola felice che ci sarà, da qualche parte. Altrove. Sicuramente. Forse.
E’ solo il solito, antico bisogno di un guscio adatto. Esser dentro quello sbagliato, o essere semplicemente così: puntini dispersi nel mondo, a caso, fuori posto.
Essere fuori posto mentre si sorseggia un caffè al bar, credendo di riuscire a distrarsi, di pensare ad altro e improvvisamente sentire mancare il respiro, fuggire via come se esistesse un posto all’aperto dove c’è tutta quest’aria pura e ricca d’ossigeno che fa star bene. Come se fosse una questione di aria.
Essere fuori posto negli sguardi che si incrociano, imbattersi in vite dentro le quali si crede di sentirsi a casa, finalmente. E invece continuare a sentirsi intrusi. Fuori posto nella vita altrui e in quella propria.
E poi arrivano loro, e per un istante tutto cambia: le emozioni forti. Quel bisogno di totalità finalmente soddisfatto, concentrazione assoluta nel qui e ora, non dopo, non prima, non altrove, chissà dove.
Abbracciare qualcuno che ami incondizionatamente e senza riserve. Rivedere un figlio, un genitore, aver paura di morire oppure sentirsi tornare a vivere, sentire l’adrenalina che porta fuori dai giri ordinari.
Fare l’amore fino a perdersi e ritrovarsi, e poi perdersi ancora e desiderare di non più ritrovarsi. Ma Amore vero, non sesso. Quello Assoluto, quello che mischia la pelle, le anime e le ossa di due persone differenti ma che in quei momenti diventano una sola; quello che mette a tacere la mente con una tempesta emotiva che non lascia spazio a niente altro.
…Amore vero, non sesso. Quello Assoluto, quello che mischia la pelle, le anime e le ossa
Spesso, però, non lo sono, e le emozioni, non sorrette da un adeguato amore, sono destinate a perdersi. E a far tornare la sensazione di quel perenne fuori posto.
E poi, mentre ci si affanna in un incedere ansioso e disordinato, ci sono quelli che chissà come arrivano su ponti altissimi in mezzo a scoscesi paesaggi sconosciuti o solo sognati, si inebriano di altezze, ma si fermano un istante e commettono un grave errore: guardano il vuoto di sotto. Hanno le vertigini, li prende il panico, tornano affannosamente indietro. E rinunciano a muoversi.
Alcuni cadono giù mentre arretrano per mettersi in salvo. Condannati dalla loro prudenza. Dalla loro paura di vivere veramente, mascherata da prudenza o senso del dovere.
Altri rimangono lì, sospesi nel vuoto e nel tempo, su un filo sottilissimo che ingenuamente immaginano come fosse un ponte saldo, da attraversare per raggiungere l’ambita meta, illusoria eppure reale.
Anche a costo di fatiche immani, rischi enormi e ferite profonde, vogliono passare sopra quel filo-ponte e raggiungere il posto giusto, l’incastro perfetto scolpito nella pietra, quello fatto proprio per loro.
Il punto esatto del mondo e del tempo in cui non saranno più condannati ad essere perennemente altrove, perennemente fuori posto.
Il guscio che li contiene.