Angeli in Bicicletta – terza parte
Racconto a puntate: qui la prima parte, qui la seconda
Dedicato ad Irene Paumgardhen, l’ Angelo in Motocicletta
Mi misi in silenzio sotto l’abete. Mi sentivo ridicolo. Perché davo tanto credito ad Agnes, cosa mi aspettavo di vedere? Forse le gemelle che portavano in giro quei balordi di Robert e Sophie. Oppure credevo davvero che queste persone mi spiegassero perché aspettavamo tutti il Bambin Gesù?
In famiglia lo aspettavamo perché portava i pacchi, ma secondo Agnes non era così. Che storia il Natale, chissà chi se l’era inventata!
Sapevo che molta gente la sera di vigilia usciva. Chi andava in chiesa, chi dai parenti. Noi Hendricks non eravamo mai andati fuori, dopo le sette.
Nelly – che era solita lasciare la nostra casa a fine cena, verso le nove, per andare con i figli alla messa di Natale – diceva che a mezzanotte si usa mettere il bambinello nei presepi, per ricordarne la nascita. Ma quello intanto era a giro per i pacchi! Certo, Agnes aveva ragione, non tornava niente. E poi c’era l’uomo del Natale, in molti paesi era lui a portare i doni. Da noi no: la nostra tradizione vuole che sia il bambino a farlo. Forse il bambino dice a Papà Natale dove andare a consegnarli? Tutte queste storie cominciavano a darmi ai nervi. E ora ci si metteva anche quella triste delle gemelle, degli angeli in bicicletta, così poco adatta al Natale, che era fatto per divertirsi, prendersi molti doni – più dei cugini, o almeno più belli, e mangiare tutti i dolci preparati da Nelly, che sono buonissimi.
Mentre ero immerso in questi pensieri, fu proprio Nelly ad affacciarsi nel salone.
“I Signori genitori non sono ancora rientrati, è strano. E’ molto tardi, rispetto alle loro abitudini!”, disse.
Il fascio di legna era ormai consumato, e le braci ardevano. Papà, se fosse stato a casa, avrebbe aggiunto altra legna; quindi chiesi a Nelly se poteva ravvivare lei il fuoco
Era tardi, di fatto. Se ne era accorta, senza prendersi la briga di segnalarlo agli altri e chiedersene il motivo, mia sorella. Irritata perché il mancato rientro della madre l’aveva privata di una consigliera e di una spettatrice per i suoi amati defilè, aveva ritirato le sue robe e si era messa alle prese con l’acconciatura e la toilette, sbuffando.
La tavola era già apparecchiata, e tra nemmeno due ore sarebbero arrivati i parenti. Che fine avevano fatto mamma e papà? E Agnes, come sarebbe arrivata, forse dal camino?
Il fascio di legna era ormai consumato, e le braci ardevano. Papà, se fosse stato a casa, avrebbe aggiunto altra legna; quindi chiesi a Nelly se poteva ravvivare lei il fuoco. E proprio in quel mentre la porta d’ingresso s’aprì. Mamma e papà entrarono in casa.
Avevano l’aria stanca e un’espressione di disappunto nello sguardo. I cappelli sulle loro teste erano fuori posto, i guanti chiari della mamma si erano sporcati.
“E’ molto tardi, e niente è pronto!” dissi loro in tono assai poco cortese, senza neppure rivolgere un saluto. Accortomi dell’errore, stavo per correggere il tiro, quando apparve mia sorella.
“Niente è pronto, tranne me!” proclamò lei, pavoneggiandosi con indosso un abito da mezza sera e grandi boccoli appiccicati alla testa.
“Scusatemi Mamma, e Papà, sono stato poco educato, ma tra poco gli zii saranno qui!” aggiunsi.
Gli zii forse non sarebbero neppure arrivati, quella sera, ci informò allora mio padre, e chissà dove si trovavano, adesso!
Un treno era deragliato alla periferia della città nel primo pomeriggio, bloccando l’ingresso alla stazione centrale della maggior parte dei convogli in viaggio. A causa di ciò, molte strade di accesso e uscita dalla città erano inagibili. Alcune perché non era possibile attraversare la strada ferrata, altre perché congestionate dal traffico. Al diffondersi della notizia dell’incidente, chi poteva farlo era ricorso all’automobile, mezzo poco pratico da noi in inverno (non erano molti in città a possederlo e ad usarlo quotidianamente, come faceva mio padre). La migliore alternativa sarebbe stata la carrozza, ma queste si erano subito riempite di passeggeri, ed era quasi impossibile trovarne una che ne prendesse ancora a bordo.
Il treno deragliato non era quello che trasportava gli zii e i cugini per fortuna, ma dato che con buona certezza loro si trovavano già in viaggio al momento dell’incidente – di solito arrivavano in città nel pomeriggio per far visita alla vecchia zia Agathe – erano rimasti bloccati da qualche parte.
Io tornai sotto l’abete. Che razza di Natale: sicuramente anche il Bambin Gesù, gli Angeli in Bicicletta e chiunque altro fosse in viaggio, tutti erano rimasti vittima del blocco delle vie di comunicazione
Anche la mamma e il papà erano rimasti vittima del traffico cittadino. Quando avevano compreso che spostarsi in direzione di casa era difficile, avevano creduto meglio parcheggiare l’auto e proseguire in tram. Erano rientrati lasciando nell’autovettura tutti i loro acquisti – compresi i panini al latte per i quali io andavo pazzo!
“Allora non arriverà nemmeno Robert!”, pensai tra me e me, “e quindi, niente sorpresa! Non arriverà neppure Agnes, e questo Natale sarà un disastro”.
La mamma annunciò che sarebbe salita nelle proprie stanze per riposare un poco, mentre mio padre si impegnò ad ottenere notizie telefoniche sulla sorte di zii e cugini. Mia sorella si lasciò cadere giù dai tacchi scomparendo dentro alla coda del vestito, e con talento teatrale pose una mano sulla fronte per meglio inscenare la delusione: non avrebbe potuto godere immediati frutti dal tentativo di umiliare le cugine.
Io tornai sotto l’abete. Che razza di Natale: sicuramente anche il Bambin Gesù, gli Angeli in Bicicletta e chiunque altro fosse in viaggio, tutti erano rimasti vittima del blocco delle vie di comunicazione.
Non c’era più da aspettarsi granché, dalla serata.
Le luci sotto il mio abete e gli odori della cucina di Nelly facevano sembrare molto assurda la tavola di Natale, lì apparecchiata e priva di commensali quando oramai mancavano pochi minuti alle sette, l’ora in cui, solitamente, ci sedevamo là intorno per iniziare il cenone.
In merito alla sorte dei parenti, papà riuscì solo a sapere che erano già in treno al momento del disastro, e chissà se ora si trovavano bloccati nel convoglio, o se li avevano fatti scendere da qualche parte. Se avevano proseguito in qualche modo il viaggio, o se addirittura stavano tornando indietro.
Mentre ascoltavo il racconto di mio padre bussarono alla porta, e Nelly fece entrare Agnes con sua zia Sophie.
“Eccomi,” disse Agnes rivolgendosi a me che la guardavo incredulo, “come vedi quando prometto una cosa, la mantengo!”.
Non seppi cosa risponderle, ero davvero sorpreso.
Papà e Nelly si allontanarono un attimo per occuparsi del fuoco che si stava spegnendo. Guardai Agnes e Sophie: erano imbacuccate come se stessero per partire per il polo nord.
“Siamo arrivate con le biciclette. Fuori la temperatura è sotto lo zero, e dobbiamo fare un po’ di strada. Forza Max, va’ anche tu a vestirti, e dì ai tuoi di fare lo stesso, dobbiamo uscire!”, comandò Agnes con il suo solito piglio deciso.
La mamma, avendo sentito che qualcuno entrava, era scesa nella sala d’ingresso ancora in vestaglia e le guardava interrogativa.
Anche mia sorella scese precipitosa le scale pestandosi più volte la coda del vestito, e ci rotolò praticamente davanti ai piedi, inciampando negli ultimi scalini.
Nelly e il papà rientrarono con le braccia piene di fascine di legna, e avendo colto solo qualche parola di quelle pronunciate da Agnes, rimasero lì davanti a noi senza capire cosa dovevamo fare e perché.
Allora zia Sophie si decise a spiegare tutto.
Il seguito alla prossima, e ultima, puntata lunedì 21 Dicembre.
Mentre aspettate l’ultima puntata potete approfittare per realizzare dei biscottini natalizi di pasta frolla decorati: seguite il tutorial della nostra Francesca Pace