Opinionisti, questi scienziati
Il neologismo della settimana è opinionista. Eh sì, una volta li chiamavamo “commentatori, editorialisti, fondisti, maître à penser”, o addirittura “giornalisti” gli autori di commenti su fatti politici o di costume. Oggi invece sono diventati opinionisti, o per chi proprio non rinuncia agli anglicismi: opinion leader.
Usi e origini. Il termine opinionista è stato coniato a partire dalla parola opinione (che deriva a sua volta dal verbo latino opinari, “credere”) e dal suffisso di origine greca –ista, che indica colui che conosce una certa materia – e qui casca l’asino della sua nuova accezione. Nato in ambienti prettamente editoriali, con l’avvento dei talk show il termine si è esteso a macchia d’olio invadendo altri settori e affermandosi soprattutto nel panorama televisivo. Oggi infatti, se diciamo opinionista ci riferiamo prevalentemente a quelle persone che in una trasmissione televisiva o radiofonica sono chiamate a esprimere il proprio parere sull’argomento in questione, anche senza alcuna esperienza né attinenza di natura professionale.
È interessante notare come il sostantivo si sia allontanato dalla sua origine e abbia preso una nuova forma. Lo abbiamo inventato per definire le persone delle quali ci interessava l’opinione, persone più esperte di noi in quel settore che quindi potevano darci qualche spiegazione in più. La loro opinione ragionata, logica, esperta, poteva condurci a formulare una nostra personale idea di quell’aumento delle tasse, quella nuova moda dei piercing o quella riforma scolastica. Poi d’un tratto, in un’azzardata inversione di tendenza, abbiamo deciso che volevamo opinionisti che non avessero esperienza in materia, che ne sapessero poco o niente, forse addirittura meno di noi. Che ne è stato di quell’-ista? Di quel suffisso che implica una conoscenza, necessario come il pane per i neologismi moderni (barista, femminista, comunista)? Nulla; è rimasto lì nella parola, ma ha assunto un nuovo significato, adattandosi all’uso che facciamo del termine.
È utile questa nuova parola? La sua utilità è relativa: forse quel sentore di opinione che assaggiamo all’inizio del sostantivo ci aiuta a relegarlo alla sfera della soggettività, senza dare troppa valenza al commentatore. Questo però solo sorvolando sul suffisso di origine greca, giustificando il cambio di accezione con l’evoluzione – o forse involuzione – linguistica. Meglio che gli editorialisti e i fondisti rimangano tali, e smettano di essere opinionisti, stando al significato che oggi attribuiamo a questi ultimi.
È bello come neologismo? Trattandosi di un cambiamento di accezione più che di un neologismo bello e buono, il fattore bellezza è relativo. Conoscevamo già la parola comune “opinione” e il suffisso –ista, di conseguenza l’affermazione del neologismo risulta naturale e tutta italiana. Per fortuna l’equivalente inglese opinion leader non ha convinto nessuno!