Il gioco
Siamo arrivati, Beatrice.
Io continuo per di qua ma prima guardami, guardami negli occhi prima di continuare il gioco; la vedi?
Quella è la domanda che cercavi, ora risponditi: ami me o ami te stessa?
Le due realtà non possono coesistere, lo sai, non coincidono proprio come la strada che adesso si apre in bivio davanti a noi.
Se ami te stessa prendi la via che ti allontana da me.
Nessuno sa che forma hanno le strade una volta dentro la linea dell’orizzonte
L’uomo vuole sempre trovarsi di fronte alla tua stessa scelta fino a che non ci si trova davvero.
Nessuno sa che forma hanno le strade una volta dentro la linea dell’orizzonte, allora pietra dopo pietra osserva il cammino fin dove si perde e scegli.
Ognuno paga il suo prezzo, ognuno diverso anche se la strada è la stessa.
Io ho già scelto e per seguirmi dovrai pagare, al mondo tutto si paga.
Per seguirmi riempi le tue borse di cinismo, dimentica il senso dell’umanità, con pazienza metti da parte il buon senso, diventa un’abile trasformista.
Io vedo.
È un gioco di prestigio quello che vedi qua intorno e io ho scoperto il trucco e sai cosa?
Un gioco di prestigio svelato diventa noioso.
Molti vivono come l’uomo che ha beccato il baro ma fa finta di niente perché vuole continuare la mano di poker, l’illusione ha un sapore meno amaro della spietata verità.
La consapevolezza, però, si è già insinuata come un filo di vento freddo dentro la stanza mentre continui a giocare.
È la noia, in fondo, che muove le persone, che regola il mondo.
Chi le dà il suo nome, chi un altro tipo “ideale” o “qualcosa in cui credere” e si va avanti tutti spinti da un traguardo disegnato a terra col gesso, si inganna il tempo alla fermata di un treno che non passerà mai.
Non un’alternativa e a me non va mica giù bene di stare a questo gioco di cui non condivido le regole, perciò non stupirti, non interrogarti e non dannarti se non riesci a comprendere le mie contraddizioni, i miei pensieri, la mia visione. Io sono ciò che sono e sono ogni volta uno diverso, mai lo stesso, mai uguale, mi muovo sempre e resto fermo, io non sono, non posso essere, non voglio essere e mai sarò.
Di me e dell’umanità non mi curo, siamo solo la proiezione di ciò che noi stessi vogliamo vedere e così è per tutti.
Io non sono, non posso essere, non voglio essere e mai sarò.
Verrebbe da dire che la razza umana ha un destino triste: malinconia, gioia, odio, amore, dolore, sono elettricità a cui abbiamo voluto dare un nome. La morale, l’etica, il sapere.
Nessuno di noi è, appare soltanto; possiamo solo interpretare un ruolo, cantare una parte, cambiarla ogni volta o rimanerci chiusi dentro per tutta la durata del corpo.
Tutta l’arte è mossa dalla noia, è solo un modo colorato di aspettare alla fermata senza stare banalmente seduti, inosservati; così è nutrire speranze, lottare per ideali, cercare di cambiare il mondo.
Cambiare il mondo si fa per il gusto di farlo ma, consapevoli e meno, a nessuno importa davvero, nessuno vuole davvero che le cose cambino: è tutto una banale illusione e solo una razza banale e mal riuscita come l’uomo poteva crederci o volerci credere.
Nonostante tutto, però, riesco ancora a sorprendermi: il profumo di questo addio sa ancora rendere l’illusione così credibile.