Villa Adriana la speranza riaccesa – Integrale
Si vive non di ciò che si riceve, ma di ciò che si dà.
(Antoine de Saint-Exupéry)
Progetto Itaca è nel campo della Salute Mentale, l’Associazione di volontariato più attiva in Italia e fa parte di un importante movimento mondiale che vuole portare una visione innovativa riguardo alle malattie psichiatriche, alle persone che ne sono colpite e all’approccio al problema. Ha avuto l’accreditamento dalla Nami per realizzare in Italia il Corso Famiglia a Famiglia che in Usa e in Messico è stato già frequentato da più di 115.000 persone. Questo Corso è uno tra i tanti programmi svolti in seno all’Associazione ed è rivolto ai familiari di persone che soffrono di disturbi psichici. Dal 2009 ad oggi ne sono stati organizzati circa 50 in Italia: a Milano, Roma, Firenze, Palermo, Genova, Parma, Lecco, Pavia, Lodi, Napoli.
Il Corso potenzia i familiari nel loro ruolo di “risorsa” dovuto alla competenza acquisita dall’esperienza del problema. Noi formatori li aiutiamo a sviluppare maggiore consapevolezza, energia e coraggio per affrontare e gestire i problemi; li accompagniamo nel percorso di auto-aiuto incoraggiandoli a parlare delle loro emozioni. Queste abitano a Villa Adriana, sede di Progetto Itaca Palermo.
Alcuni fatti del presente racconto sono frutto dell’immaginazione e dell’espressione artistica dell’autrice. Ogni riferimento ai sentimenti realmente vissuti, non è per nulla casuale.
–Sappi Adriana, che la sofferenza è uno scultore. Con martello e scalpello rompe i blocchi della nostra soggettività per portare a nudo l’idea migliore di noi. Il dolore che ne consegue è disumano ma necessario a dare nuova forma al nostro io. I periodi di serenità e quei piccoli momenti di gioia, levigheranno le parti della nuova opera rimaste taglienti, ruvide o poco trattate.
Si girò lentamente e mi guardò dritto negli occhi. Aveva osservato per ore l’agrumeto seduta dietro le finestre della sala da pranzo, soffermandosi a scrutare tra gli alberi come stesse leggendo con attenzione le pagine di un libro. Non dimenticai mai quella luminosa mattina di primavera, e la nonna.
Suonano alla porta…
Oggi hanno quattro colloqui: la madre, la sorella, il coniuge con la figlia, i genitori.
Nel vestibolo prospiciente l’antico portale d’ingresso, hanno preparato tutto con cura: le schede sul tavolo, la biro accanto, le sedie disposte in modo non perfettamente allineato, alcune accoppiate, altre un po’ più distanti. Chi arriverà, da solo o in compagnia, potrà scegliere il posto a lui confortevole.
Acqua, bicchieri, un cestino con piccole caramelle gelée.
È la madre.
La accolgono con delicati sorrisi.
– Vede signora, una volta abbassata la maniglia, deve semplicemente tirare la porta a sé.
– Come se volessi chiudere piuttosto che aprire… osserva la madre.
– Sembra, ma non è perfettamente così… permettimi di “darti del tu”. Non proprio come chiudere ma… portare a sé. Un po’ come facciamo qui.
Sorridono le due Marie.
– Che meraviglia! Che bel posto! Commenta la madre osservando l’emblema araldico di una nobile casata, capeggiare fra balaustre e broccati sullo sfondo della volta.
– Non ci facciamo mancare nulla… Piacere Eleonora. Quello è lo stemma della famiglia Bordonaro, l’ultima famiglia aristocratica che ha abitato la villa. Fu proprio a questa famiglia che appartenne l’Adriana da cui prese il nome la dimora.
– Ma prego, accomodati dove preferisci.
La madre prende posto insieme alle sue nuove amiche.
Un attimo, e un battito lento di ciglia dà inizio a una storia lunga, amara e complessa; coinvolgente e travolgente da far brillare sguardi che occhi sensibili e comprensivi riflettono.
Una tra loro, sollevando lo sguardo per condurre indietro una lacrima inibita, scopre effigi di armature patrizie: pettorali scudi ed elmi, simboli di difesa da possibili ferite in battaglia.
– Inizierà presto il Corso… Vedrai, sarà una scoperta!
Una stretta di mani, una carezza sui capelli, una spalla sorretta.
– Ti accompagno.
Dal viale Strasburgo la sorella osserva a distanza la solenne facciata. Intimidita dalle grandiose dimensioni del monumento e dall’imponente fastigio centrale, avvicinandosi nota il raffinato alternarsi dei ritmi decorativi, tra gli equilibri classici delle partizioni e i manierismi delle decorazioni. Dal cancelletto laterale percorre il sentiero ricoperto di muschio, l’accoglie un nostalgico frammento del parco all’inglese un tempo antistante la villa.
Poco più tardi in biblioteca si racconterà. Come recitasse un libro di poesie, a volte ermetica, non comprende il presente.
– Sono imprigionata in un incubo.
La ascoltano immobili. Una mano accoglie la sua: richiamo empatico di emozioni. Un sospiro di speranza, un soffio di leggerezza, un bacio sulla guancia.
Arrivederci!
Col coniuge e la figlia s’incontreranno nel giardino retrostante. Lo sguardo del primo si perde nel verde. Dolore composto e dignitoso, dice di patire l’abbandono.
La figlia confessa di sentirsi sfibrata dall’impersonare, ormai da anni, il ruolo di madre della madre.
Uno scorcio del prospetto retrostante, illuminato dal sole basso del pomeriggio, si offre nella sua sobria eleganza. Il pronao proietta un’ombra scura e da quel taglio si staccano accesi cromatismi bianco calce, giallo zafferano e rosso ocra che impregnati dai colori della luce, pervadono i loro animi con tepori avvolgenti.
Al tramonto il padre, delusione sottobraccio, confessa la sconfitta. E la madre disillusa, dopo aver rivelato il suo segreto, sporge lo sguardo luccicante all’agrumeto.
Quelle lacrime non sono sole, scivolano lentamente insieme ad altre e su altri volti amici. In quei silenzi comprenderanno la loro umanità.
Sotto le volte di villa Adriana si compiono magie: ci si dona agli altri e si riceve.
Una fune spessa e invisibile li legherà fin da quel primo incontro, accomunandoli in un unico forte sentimento. Ne faranno solide sartie a sostegno di alberi e vele per attraversare tempeste d’inconsapevolezza.
Reti di solidarietà porteranno fuori dagli abissi stigma e pregiudizi, isseranno a bordo valori inestimabili di condivisione e nuove coscienze.
È sera.
Nella Sala da ballo cuore della dimora, tra gli affreschi che dilatano lo spazio, elementi scultorei, architettonici e naturalistici portano verso luoghi distanti e poco visibili ad occhi e ragione. Colonne, figure mitologiche, rovine, rimandano a significati magici, esoterici. Oltre la balaustra che circonda la parte alta delle pareti e più su, fino al cielo della volta, trionfa “l’allegoria del giorno e della notte”, metafora della luce e delle tenebre, del bene e del male, di gioia e dolore.
Giorno e notte legati in connubio inscindibile e assoluto.
Non sono più soli laggiù!
Dopo avere condiviso il Corso Famiglia a Famiglia, quei semi di dolore avvolti da impotenza, paura, angoscia, rabbia, speranze spezzate e disillusioni, sono germogliati in solidarietà, ridando valore ad ognuno di loro: la madre, la sorella, il coniuge, la figlia, i genitori… semi fioriti nella partecipazione.
È laggiù i Familiari hanno trovato la ragione alla notte, anche la più profonda, perché hanno creduto che il sole di domani lo vedranno risorgere insieme. E l’eco delle parole della nonna in quella luminosa mattina di primavera: l’idea migliore di noi, mi risuona inebriante come la brezza di questa notte d’estate.
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Il giardino dei limoni di Sandra Magliani – Progetto Itaca Palermo, Club Itaca,
il Corso Famiglia a Famiglia
Questo testo nasce in seno al gruppo di scrittura creativa: “Ricordiamoci del Futuro”, guidato dalla prof. Maria Antonietta La Barbera. Un’esperienza unica e di condivisione che si è conclusa con una raccolta di racconti dal titolo “Palermo. I luoghi del cuore”, promossa dal Comitato Partecipalermo.
(le belle foto sono di: http://www.amopalermo.com/)