Uniti si vince
La vicenda tragica di Parigi del 13 novembre ha portato, come si sa, allo strascico di Bruxelles che ha vissuto una settimana di ansia, culminata con un fine settimana di angoscia. Chi era lì ha potuto constatare di persona le notizie che inondavano il mondo. Tutti chiusi in casa, non solo per prudenza ma perché i locali erano in grande parte chiusi, dove per scelta e dove per obbligo. Mezzi pubblici limitati, esercito ovunque. Clima plumbeo, con l’attesa di qualcosa di terribile che si ripetesse in Belgio dopo la tragedia parigina. Nel frattempo arrivavano le telefonate serali o notturne dei capi degli uffici che invitavano i collaboratori a non andare a lavorare il successivo lunedì.
Poi la tensione si è allentata e il sabato successivo non c’era modo di trovare un posto nei ristoranti e nei locali in genere. La vita è riesplosa di colpo. Tutte le titubanze, i timori spariti per far posto all’ordinario, al già visto della quotidianità, alla voglia di restituire al sabato il suo senso sociale, al convivio serale il piacere della condivisione dei piaceri semplici, alla convivenza il senso dell’umanità.
La grandezza umana è anche in queste piccole cose, in quella capacità di avere memoria ma nello stesso tempo di essere in grado di “accantonare” i momenti del dolore o della paura. Nulla è risolto, nulla ci ha resi immuni per il futuro, garanzie di sicurezza non ce ne sono, eppure ci si torna a muovere come se tutto fosse tranquillo, ordinario, pacifico.
Sono i momenti nei quali ci si accorge di quanto sia grande la nostra capacità di agire come animali sociali, come componenti di un “unicum”, di una sola esistenza collettiva. E’ forse questa la forza maggiore per resistere, per durare nel tempo vincendo sempre su chiunque cerchi la disgregazione, l’atomizzazione delle volontà.
Così il vecchio e abusato slogan “uniti si vince” acquista un valore non sindacale, non politico, ma umano.