Due gobbe verso Betlemme
Ma quanto manca?
Betlemme non dovrebbe essere lontana secondo i calcoli di Melchiorre, il sapiente che da un pezzo mi sto scarrozzando sulle gobbe. Ne abbiamo fatta di strada, io, lui, altri due fratelli cammelli come me, altri due umani come lui e tutto il seguito che pare non debba mai difettare a personalità del loro rango.
Sono strani gli umani, specie se sapienti. Già sono piccoli, malfermi su due zampette che non gli servono per percorrere lunghe distanze; poi mettici che pretendono di comandare noi, che quanto a regalità non siamo secondi a nessuno, anzi. Così alti, con l’andatura elegante, lenta e sicura, e soprattutto con la ricchezza delle nostre gobbe, che ci consentono di sopravvivere in assenza di acqua e cibo come nessun altro.
E quando sono sapienti, dicevo, questi umani sono ancora più strani.
Melchiorre, a dire il vero, è un sapiente buono, per quanto più bizzarro degli altri. Ogni tanto, nei momenti di riposo di questo nostro avventuroso viaggio, mentre me ne sto accucciato con le lunghe zampe ripiegate,
Melchiorre ieri sera mi ha indicato una scia luminosa nel cielo. “Ecco”, ha detto, “quella è la Stella che stiamo seguendo”. E finalmente l’ho vista anche io
Mi chiama Alì non perché io sia Alì, ma perché per lui tutti i cammelli sono Alì. E anche se la fatica semmai siamo solo noi cammelli a farla, questi momenti di complicità mi piacciono. Come pure la grattatina dietro le orecchie che ci scappa sempre, e il sentirmi circondare il collo in un abbraccio caldo, mentre tutto il resto della carovana dorme qua e là, sotto le stelle.
È stato in uno di quei momenti che Melchiorre mi ha raccontato il suo sogno. Lo stesso che a quanto pare hanno fatto anche gli altri due, Baldassarre e Gaspare. Una misteriosa creatura di luce si raccomandava, in questo sogno, di seguire la Stella, la quale li porterà a incontrare il Re dei re, in assoluto il più potente di tutto il mondo e anche di più.
Più del mondo non so cosa ci possa essere, ma detto così fa un po’ impressione.
Fra i tre sono sorte un sacco di discussioni per decidere quale fosse la stella da seguire. Si sa, in cielo ce ne stanno tante, e loro le conoscono bene, perché le studiano da tanto tempo. Ma qual era quella giusta? Finalmente hanno concordato per una cometa, di cui ora siamo qui a seguire la coda.
Mah! Io nel cielo non vedo niente di speciale, per me le stelle sono tutte uguali, se ne stanno lassù, distanti e fredde e cosa vuoi che c’entrino con noi del deserto?
Siamo in viaggio da tanti giorni. Con la luce del sole camminiamo, nella notte i tre sapienti studiano il percorso.
Tutto per andare a trovare un re? Sarà un re come tanti altri, chissà se ne vale la pena.
Tra i bagagli che trasportiamo so che c’è della merce di valore: polvere d’oro, incenso e quella cosa, la mirra. Non sono sicuro che questo potente sovrano saprà apprezzare tali doni. Forse si aspetta pietre preziose, stoffe pregiate, armi, schiavi e denari. Io li conosco, gli umani, non vedo perché questo tizio dovrebbe essere diverso.
Melchiorre ieri sera mi ha indicato una scia luminosa nel cielo. “Ecco”, ha detto, “quella è la Stella che stiamo seguendo”. E finalmente l’ho vista anche io. Lo ammetto, mi ha un po’ emozionato, tanto che ho smesso perfino di ruminare e sono restato a bocca aperta. Perché quella luce che indica l’Occidente con tanta determinazione ha qualcosa che incanta.
E a dire la verità è già da qualche giorno respiriamo tutti un’aria diversa.
Ci stiamo avvicinando a Betlemme.
C’è un gran via vai. Abbiamo incontrato tanti pastori con le loro greggi e viandanti di ogni tipo, tutti che vanno verso la stessa direzione. Vanno a trovare il Re dei re, dicono. Ma sono tutti umani dall’apparenza umile, poveri che hanno in mano un pane, un uovo di gallina, un po’ di farina, del grano. Nessun oggetto prezioso, che io abbia visto.
Abbiamo fatto una sosta a palazzo reale. I sapienti sono andati a trovare re Erode, che non è il potente che cerchiamo, ma sono usciti di là scontenti. Ho sentito che si scambiavano sgradevoli impressioni su tale umano. Del resto sono negromanti ed astrologi, qualche idea del futuro e dei loro simili ce l’hanno.
Abbiamo ripreso la nostra ricerca, seguendo la folla di umani in pellegrinaggio.
La notte si è fatta dolce, c’è meno freddo e più luce. Il bagliore della cometa è inequivocabile, splende su tutta la città di Betlemme, ma sembra illuminare il mondo intero.
Procediamo, lentamente, verso la periferia.
Non ci sono palazzi, o dimore lussuose. Non vedo soldati, dove sarà la guardia di questo potente Re? Non lo lasceranno mica sguarnito di ogni difesa?
Sono confuso per la prima volta nella mia non breve esistenza e nella mia conoscenza del mondo umano. C’è una sovversione delle regole, non è così che funziona di solito.
E finalmente giungiamo a destinazione. Non può che essere così, a giudicare da tutti questi umani ammassati e inginocchiati in adorazione. Ci si inginocchia solo davanti a un re. Ma qui niente parla di dinastie regali, non l’umiltà di queste persone, non la mancanza assoluta di sfarzo e di muraglioni a tenere lontano il misero popolino. Ci deve essere uno sbaglio.
Sento l’emozione di Melchiorre attraverso le gobbe. E no, evidentemente non c’è nessuno sbaglio. Ma io non ci capisco niente.
I sapienti fanno abbassare me e gli altri cammelli, scendono con in mano i loro doni e oltrepassano la massa degli umili, le pecore, le galline e quant’altro. La luce si è fatta intensa, ma sembra provenire da una costruzione che ha l’aspetto di un ricovero per animali domestici, una stalla, insomma. Decido che dopo tutta la strada fatta nel deserto, tutta l’aspettativa creata dal sogno, dalla cometa, da questa gente, dopo tutto questo non mi accontenterò di starmene ad aspettare. Ho faticato, io, e ora voglio vedere.
Seguo Melchiorre, che quasi non si accorge di me, se non quando poggio il muso sulla sua spalla a dirgli che ci sono anche io. “Ecco, Alì, hai visto? Ci siamo! Guarda anche tu il nostro Re!”.
Io guardo, allungo il collo nella stalla e vedo… un bambino! Un cucciolo umano piccolissimo, senza vestiti, adagiato nella paglia. I suoi genitori sono indaffarati ad accogliere i visitatori, hanno il volto trasfigurato dalla gioia. E il bambino… è lui il re? Non piange, sorride, non sembra avere freddo, ma gli abitanti della stalla provvedono a scaldarlo con il loro fiato. È dal bambino che emana la stessa luce della cometa. E qui dentro c’è tutta la notte, tutto il giorno, tutta la pace del mondo. C’è il futuro e il passato di uomini e animali, c’è una speranza che non so spiegare. C’è la sovversione delle regole.
Sì, quel bambino è un Re. Non c’è bisogno che qualcuno me lo confermi.
Davanti a lui io piego le zampe e chiedo al bue e all’asino che gli sono accanto se posso aiutarli a scaldarlo. È l’unico regalo che può fargli Alì, il cammello venuto dall’Oriente.