Un turco sulla scrivania
Santo cielo, c’è un turco rannicchiato sulla scrivania!
Torno troppo spesso a casa negli ultimi tempi. Non si tratta di avere solo un posto sicuro in cui stare. Spesso tra di noi ripetiamo, osservando le macchine passare sulla statale, che “ci stiamo facendo vecchi in questo posto”. L’ultima volta ad affermarlo è stato un amico. L’altra sera, alle ventitre del ventuno aprile dell’anno duemilaquindici. La penultima volta sono stato io l’autore di tale affermazione. Due giorni prima. In un modo o nell’altro, ci sosteniamo a vicenda. Spesso senza neanche parlare. Quando esce un’esclamazione del genere, vuol dire che il livello di sopportazione è arrivato e si deve staccare la spina. La cadenza non è la stessa. Dipende dal lavoro (che non c’è quasi mai), dal meteo (il caldo senza fare niente accorcia notevolmente la sopportazione), dall’amore (se stai appresso ad una e la stai corteggiando, non t’accorgi di nulla. Poi dipende da come finisce). In genere è in sere come queste che arriva quella famosa goccia che fa traboccare i vasi. In sere spente e stanche.
Sulla strada nazionale sette bis a quest’ora non passa nessuno.
Ultimamente si intravede anche qualche prostituta. Pare abbiano individuato una buona fetta di mercato. Gli autisti degli auto compattatori sembrano essere ottimi utilizzatori finali. Tant’è. Al ritorno non m’è parso di vederne. Qualche volta mi verrebbe voglia di fermarmi, pagarle e farle salire in auto. Mi piacerebbe capire e raccontare le loro storie. Mi piacerebbe vagare nel loro passato, conoscere attraverso i loro occhi tutti i personaggi che hanno incontrato e che incontrano. E che incontreranno. Può essere più preparata una prostituta in filosofia, di tanti studenti all’ultimo anno di liceo classico. Alla luce di quel lampione, che se sono fortunate funziona anche domani. Ci vuole fortuna anche per lavori del genere.
Articolo a puntate. Qui la seconda parte.