Il Grand Canyon ha colori che non esistono
C’era un cervo in mezzo alla strada, quando stavo tornando dal Grand Canyon. Illuminato dai fari della macchina, con un salto, è sparito nella vegetazione che faceva da sfondo invisibile a quella notte buia e piovosa. Sembra quasi un film, ma in realtà non lo è: è qualcosa di più bello.
Sono passati molti anni da quel giorno, nemmeno mi scomodo a contarli, ma come tutte le cose indimenticabili sembra ieri che attraversavo i confini tra California e Nevada e poi tra Nevada e Arizona per arrivare là, dove non pensavo mi sarei sentita come mi sono sentita.
Non credete a quelli che vi dicono che il Grand Canyon sono solo dei sassi rossi – giuro, esistono. O a chi vi dice che è spettacolare. No, è molto di più. Toglie il fiato e bagna gli occhi.
Il Grand Canyon ti accoglie inaspettatamente e converrete con me che per una gola lunga circa 446 chilometri e profonda fino a 1.600 metri è già un primo miracolo. La sensazione di avvicinarsi è viva e vivida, certo. I colori iniziano a cambiare, i rossi a farsi più rossi per dire, e i contrasti con la terra e il cielo ad essere quasi irreali tanto è il loro stacco, la loro distanza. Quasi fossero uno di quegli album da colorare con i margini ben netti. Ma nonostante tutto, nonostante le guide lette, le fotografie viste, le sensazioni e i chilometri che diminuiscono, no, il Canyon non si annuncia ma sbaam, arriva addosso come un secondo miracolo. All’inizio non sembra nulla di che: lì, appena sceso dalla macchina, ti guardi intorno senza riuscire a cogliere la maestosità del tutto. Vedi una linea di confine, il ciglio di un burrone, il limite di una scogliera, un tuffo nel vuoto, ma nulla di più. Sembra un posto come tanti, ma con le rocce rosse. Ma è quando ci si avventura nel parco, quando ci si allontana dalle strade e si entra nella natura che il silenzio e i colori atteriscono.
Non credete a quelli che vi dicono che il Grand Canyon sono solo dei sassi rossi
I rossi smettono di essere semplici rossi ma cominciano a diventare rossi, con un po’ di arancione e una punta di giallo ma anche di marrone ma… che colori sono? E allora non lo sai più che colori sono o come si chiamano quei colori. Perché il cielo non è un semplice azzurro, le nuvole all’orizzonte cariche di pioggia non sono semplicemente grigie e la roccia non è semplicemente roccia. E quasi ti sembra di sentirlo il respiro della terra, lì, che esce da quella gola e ti scalda e ti dimostra quanto poco siamo, quanto poco abbiamo visto.
Nessuna fotografia, nessun dipinto, nessuma descrizione renderà mai giustizia a ciò che si ha di fronte.
Ve lo ricordate quel gioco con il quale ci si sfidava da piccoli? O almeno, io lo facevo. Quello per cui bisogna provare a spiegare i colori a una persona non vedente. Ecco. Provate a pensarci. Come li spieghereste voi?
Come spieghereste voi la meraviglia?
Come spieghereste l’amore?