Il muro giallo
Anche oggi sono qui, davanti a questo muro giallo. È un muro strano però perché non mi sembra come le altre pareti. La mattina arrivano a prendermi. Sorridono, dicono alla mamma di stare tranquilla. Non vedo nemmeno i miei compagni. Mi portano subito qui dentro. È che io sono diverso, dicono. Ma diverso da cosa? Ho due mani, due gambe, anche se non posso usarle, ho due occhi, una lingua e le orecchie e, ve lo giuro, ci sentono benissimo, anche se delle volte vorrei funzionassero meno bene. Inizia a fare freddo qui dentro. La stufina c’è, ma non me la accendono. Pensano che siccome non parlo molto io non capisca. Capisco tutto invece, più di quanto loro possano pensare. Capisco come la gente sia smarrita davanti a persone come me, ma capisco anche che alla maggior parte non frega niente.
Mia mamma no, lei è diversa, lei sa sempre tutto quello che penso, ma non è stato facile arrivare a capirci. Dice sempre che prima parlavo, poi sono entrato nel mio silenzio. Io non so spiegarlo, è come se fossi chiuso dentro la scatola del mio cervello, come se quelli lì fuori delle volte parlassero una lingua diversa, come se all’improvviso il mondo accelerasse e io provassi a tenere il ritmo ma è difficile, mi perdo e succede che poi non capisco più molto e mi arrabbio, e allora mi portano al muro giallo. Ma è con me che mi arrabbio, non con gli altri, perché se una cosa mi dà fastidio io provo a farlo capire, ma nessuno capisce, tranne la mamma. E allora perdo la pazienza. Forse che voi non la perdete? Voi urlate brutte parole, sbattete oggetti e tutto va bene. Lo faccio io e vengo bollato come diverso. Diversi siete voi, diversi da me e diversi tra voi stessi. E cosa c’è di anomalo in tutto questo?
Sento la musica. Questa è l’ora di musica. Anche a me sarebbe piaciuto suonare qualcosa, la musica mi fa sentire bene, mi rilassa. Il flauto, il flauto mi piace, non sembra troppo difficile da suonare, o forse anche il tamburo, bong, bong, bong! E gli altri stanno tutti assieme e possono suonare. Ogni tanto sento qualcuno che corre nel corridoio. Gridano, ridono, scherzano. E allora il cuore mi batte così forte, così forte che forse possono sentirlo. Spero sempre, tutti i giorni, che una di quelle mani, grandi quanto le mie, possa girare quella maniglia che sta alle mie spalle. Me ne accorgerei dal rumore. Vorrei che la porta dietro di me si aprisse e che prendessero la mia carrozzina per portarmi fuori a giocare con loro, a sentire la lezione con loro, farei il bravo, giuro, non disturberei, starei zitto zitto in un angolino.
Dicono che io ho bisogno di maestre speciali, perché le cose “normali” non riesco a capirle. Ma non è così, io capisco, dovete solo trovare il modo di comunicare con me, io capisco. E invece ogni giorno vedo il sole che scivola attraverso le tapparelle, o il grigio delle nuvole che fa più grigia questa stanza.
E invece ogni giorno vedo il sole che scivola attraverso le tapparelle, o il grigio delle nuvole che fa più grigia questa stanza. Ci sono due banchi attaccati a un muro, non mi ci fanno nemmeno sedere al banco, non mi danno nulla per passare più in fretta il tempo, mi infilano qui dentro e se ne vanno.
Sta suonando la camapanella della ricreazione. Forse verrà qualcuno a vedere come si sta davanti al muro giallo. O forse no.