Napoli è lercia, no quasi, non so, così dicono
Napoli è lercia. Una città sporca, incurante della sua storia. Napoli si sgretola adagiandosi sulle sue stesse macerie, sulla sua polvere, in una continua accettazione passiva che la trasforma in terra di nessuno. Napoli è altro da sé stessa, Napoli è ripudiata dai suoi figli, Napoli è un limone spremuto di cui si sono perse le tracce del succo. Napoli è malavita insinuata nel codice genetico, strafottenza, familismo amorale (Banfield 1958), colera, labirinto, tenebre. Anche il sole e la luce, cantati in mille canzoni l’hanno abbandonata. E il mare? Neppure quello c’è ancora, emigrato pure lui, arreso alla desertificazione del romanticismo e del folclore. Napoli è imparagonabile con qualsiasi altra città del mondo, è il peggio del peggio di qualunque cosa l’immaginario possa partorire. Napoli è parametro internazionale per definire la scala del deteriore. Tra qualche tempo si userà dire: nella città X rilevati 7 gradi di sporcizia secondo la scala Napoli, un po’ come accade per i terremoti. Napoli, agli occhi di chi pretende di conoscerla, anche solo per sentito dire, è una realtà decolorata, svilita, un semplice spazio geografico da cui tenersi lontani, ma di cui parlare con opportuni toni oppositivi, quasi grati che esista proprio per legittimare e misurare più adeguatamente i pregi di altri luoghi. Napoli è indifendibile, senza speranza, affermano coloro che hanno fra le mani il privilegio di creare il comune senso del pensare, coloro che hanno a disposizione amplificatori mediatici come giornali o rubriche televisive. Napoli sprofonda nelle sabbie mobili e un capannello di persone, tutte intorno, continua a darle colpi in testa, in un gioco masochistico che accresce il godimento ad ogni luogo comune aggiunto.
gli intellettuali dell’ottocento non potevano definirsi tali se non dopo aver vissuto per un periodo nella bella Partenope e nei suoi dintorni
Si straparla di Napoli, ne narrano le vicende i leghisti, i giornalisti fantoccio delle televisioni e dei giornali del nulla, gli stessi napoletani colonizzati mentali. Eppure sopravvive, continuando ad affascinare chi ha la mente libera, chi non viene qui a fare il turista ma si comporta da viaggiatore, chi ha voglia di sentirne il sapore, sia pure quello del suo sangue. Napoli continua a plasmare talenti nella fornace della sua istrionicità, Napoli combatte ogni giorno, senza arrendersi. Entrare nel mood napoletano non è da tutti e non è per tutti, devi meritartelo, devi dimostrare che hai le palle per essere degno di un’amante di tale valore, la signora è esigente, non si accompagnerebbe mai ad un ominicchio. In troppi, come si dice da queste parti, vottane vongole fore, (parlano a sproposito) e mai ricordano dei miracoli che avvengono ogni giorno. Chi ci vive e la ama soffre della sua malasorte, ma poi lei ti consola come una madre, ti accarezza quando giri al centro storico, quando scendi la scalinata che da San Martino porta fino al Corso Vittorio Emanuele. E qualche consolazione la ricevi pure dall’esterno. Che orgoglio quando scopri che la Stazione Toledo della metro, già considerata meravigliosa da un’importante testata americana, ha vinto l’ Ita Tunnelling Awards 2015, giocandosela con l’Australia ed Israele.
Napoli ha mille problemi, sono il primo a dire che esistono, ma Napoli ha anche migliaia e migliaia di persone che si impegnano ogni singolo minuto della propria giornata per renderla libera. A chi ne straparla, consentitemi “nu va fa n’gul co tutto o core!”
Foto da pixabay.com