B&B del Massimo, vivi Palermo ai massimi livelli
Arriviamo all’alba con la nave, avvistando l’Isola col piglio scafato del navigatore levantino. Sul ponte è tutto brezza e salsedine, e quella sigaretta che ci si spegnerà tra le dita se la sarà fumata il vento. L’attendiamo al bar, ma non arriva. Il tempo è lieve e lieve scorre, la Sicilia ci accoglie con gentilezza e odore di cannoli appena farciti.
Dove siete? Mizziiiiica, non si passa più di là, sarà tanto tempo ormai. Ora si scende di qui, anzi di là, ma conta fino a dieci e ci sono, faccio un tratto in controsenso, a quest’ora nessuno mi vede.
Filippo è il siciliano come te l’aspetti, della Sicilia che vorresti.
Benvenuti a Palermo, culla del Mediterraneo. Piacere, io sono Filippo. Qui il traffico è il problema peggiore, dice parafrasando Benigni.
Filippo è il siciliano come te l’aspetti, della Sicilia che vorresti. Colto, esuberante, intraprendente, illuminato. E chi scrive è siciliano come lui, ma della provincia babba, stupida, Messina, detta così perché negli affari di mafia è nuddu miscatu cu nenti, conta insomma, a detta d’alcuni, come il due di picche, o s’interessa d’affari ancor più alti e lofi, parte d’una mafia che fa i soldi ma non uccide, o uccide ancor più ma senza bombe, a detta d’altri. Talché molto meglio esser babbi, nella misura in cui non essere in odor di mafia è sinonimo d’idiozia. Questo per dire che, se è vero com’è vero che un complimento rivolto a una donna è migliore e più sincero e apprezzato se proveniente da una donna, così dev’essere pure per un siciliano, se l’apprezzamento proviene da un altro siciliano, benché tacciato di babberia.
Filippo fa parte di quella Sicilia che è nella natura delle cose, e la sua terra pare averla nelle vene, nonostante abbia molto viaggiato. Il garbo compito di chi sa ascoltare, l’ospitalità come patrimonio genetico, lo sguardo penetrante da alfiere borbonico, l’orgoglio che scaturisce dall’appartenenza culturale e da un senso di riscatto mai sopito, e quel suo bed & breakfast assiso tra le viscere di Palermo, che gli assomiglia come talvolta il cane è sorprendentemente spiccicato al suo padrone.
quel suo bed & breakfast assiso tra le viscere di Palermo, che gli assomiglia come talvolta il cane è sorprendentemente spiccicato al suo padrone.
Le coccole non sono di casa da quelle parti, ma si chiamano accoglienza, e il lusso degli interni non è accorgimento affettato teso a lusingare l’ospite, ma elegante normalità. Perché è così d’uso, a Palermo. L’ospite non è sacro: è sacramento egli stesso, e degno dell’attenzione che ai sacramenti è rivolta. Tutto qui. La pulizia non è igiene, ma qualcosa che ci mancherebbe altro, e il comfort non è ornamento ma abitudine. E’ nella natura delle cose. Tutto qui.
Così come nella natura delle cose è la faccia più vera di Palermo che si scopre all’apertura delle persiane, e che si rivela nella ciarlante e festosa essenza dei suoi viottoli trafficati e odorosi di spezie e di pesce fresco, di profumi d’oriente e d’occidente, com’è da sempre: Palermo è crocevia d’innumerevoli civiltà, che nei secoli se ne sono contesi la profonda bellezza.
Il pregio diventa virtù però nel fatto non indifferente di trovarsi nel centro della città e insieme del Mediterraneo, a un tiro di schioppo dal prestigioso Teatro Massimo, e da via Maqueda, sua arteria principale, immersi nel cuore dirompentemente regale d’una capitale del passato che si proietta nel futuro con la esuberante effervescenza della multiculturalità.
rivelandosi nella ciarlante e festosa essenza dei suoi viottoli trafficati e odorosi di spezie e di pesce fresco, di profumi d’oriente e d’occidente, com’è da sempre
Dite a Filippo che vi manda un amico: ne sarà felice e sorpreso. E se già s’apprestava a trattarvi bene, perché l’ospite è sacro, vi tratterà meglio, perché a Palermo, se lo manda un amico, è sacro ancora di più.
Siamo stati a Palermo, nel b&b del Massimo.
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