Periferia
Un volo di diversi metri, dall’ultimo piano di un parcheggio. Una ragazza bellissima, di sicuro. No, non l’ho mai conosciuta.
Nemmeno fisicamente. Ma le ragazze di periferia hanno sempre una grinta maggiore che le rende uniche. È sempre così che si dice in certe occasioni. Nel biglietto d’addio rassicura i suoi genitori: “Non è colpa vostra”. Morire suicida a ventisette anni. Un tipo di avvenimenti che genera solo la periferia. Genera pensieri, la periferia. È sempre stato così. Tutto sembra più cupo. Tutto sembra più triste. Ogni tanto il rumore di una macchina che sfreccia lungo stradoni profondi e vuoti. Vuoti, con l’asfalto grigio e consumato con i segni di gomma nera evidenti in alcuni tratti. Di tanto in tanto un gruppo di case. Tutto intorno campagna, appezzamenti di terreno. Con il verde degli alberi che cambia da marzo a settembre. Tutte le periferie si somigliano. La sera, volgendo lo sguardo verso la campagna buia, viene un senso di smarrimento, di disagio. In alcune occasioni, con la luna bassa e luminosa e un bel cielo stellato si ottiene un ricongiungimento con madre natura ed ogni cosa sembra unica. Le periferie possono sorprendere anche il più cinico degli esseri umani. A lungo andare ci si abitua. Occhio e cervello si lasciano ingannare dalla solita visione. Ventisette anni, magari tante ambizioni. Forse una delusione d’amore. Persone così sentono il bisogno di continue motivazioni. Al di là delle proprie capacità, oltre le proprie previsioni. Fanno spesso affidamento al genere umano tutto. Un genere di cose che accade solo in periferia. Chi ha la possibilità di spostarsi, conoscere il Mondo, cercare opportunità. Appena può scappa. Magari rinunciando anche a conoscenze interessanti, possibili incontri fatali col destino. Ma chi crede più al destino? Come una voglia inconscia di fuggire, anche da se stessi. Chi vive in periferia si sente come stretto in una morsa, passata una certa età. Nonostante il legame con la sua periferia. Una sorta di stupro morale autoimposto. Un pensiero continuo: Vorrei restare e migliorare le cose perché sono in grado di farlo. Però ci vuole del tempo, molto tempo e rischio di perdermi il periodo migliore della vita. Chi non può scappare, resta col pericolo di impazzire e buttarsi di sotto, moralmente e fisicamente. Chi può scappare cerca di combattere con se stesso fino all’ultimo, ma scappa alla ricerca di un arricchimento personale, cercando di affrontare ogni nuova esperienza al massimo. Per poi tornare sempre. Una sorta di meccanismo automatico. Un meccanismo del cazzo, se ci pensate. Combattere e costruire. Un’opportunità, una fuga. Il caso, il destino. Mentre si costruisce da un lato, dall’altro crolla tutto. Posti nuovi, gente nuova. Vita. Legami difficile da instaurare, certezze che svaniscono lentamente. Destino? Caso? Forza di volontà? Di corsa, continuamente. A rincorrere le proprie emozioni, le proprie sensazioni. Le esperienze passate e future si accavallano. La solita cazzo di periferia. Chi può scappa. I più fortunati si ritrovano. I più sfortunati piombano in un’altra periferia. Caso, sfortuna? Ci vuole spirito di adattamento. Abominevole sfortuna. Un po’ di tempo e ritorna la solita routine. La voglia di spaccare il Mondo per poi ritrovarsi con un pugno di mosche morte stecchite in mano. Cerchi di conoscere le persone. Molti pensano a se, senza il bisogno di spiegare nulla.
Ritrovarsi alla periferia di una grande città e di se stessi senza la forza di reagire