Quando ho imparato a mangiare ho imparato a vedere il mondo
Ciò che mi piace del mangiare è il mangiare. Non fa una piega. Ma ciò che, negli ultimi anni, mi piace del mangiare è il mangiare consapevole. L’essere stata vegetariana e poi vegana per molto tempo mi ha lasciato una grandissima eredità: l’attenzione per ciò che metto nel piatto. Il piacere dei sapori, delle combinazioni inusuali, dell’uso massivo delle spezie e del cibo bello. Perché più il cibo è bello da vedere, la composizione del piatto curata e ordinata, i colori accostati in maniere inimmaginabili, più il piacere del mangiare è amplificato. Ho smesso (quasi) di mangiare per mangiare, per appagarmi e riempirmi, e ho cominciato a mangiare con consapevolezza e attenzione e ammirazione.
Questa mia inversione di rotta, affiancata da un Lui che si muove sulla mia stessa lunghezza d’onda, mi ha portata ad appassionarmi a quella che possiamo definire alta cucina, che altri definiscono cucina snob per fighetti che si fanno fregare e mangiano un chicco di riso e che io definisco cucina per la pancia e per la testa. Così, oltre in viaggi, ci piace spendere in ristoranti. E in viaggi gastronomici. E in cibo.
La cucina è disciplina ed è difficoltà.
9 +, che non è il voto ma il menù. Nove portate più dei piccoli intermezzi.
Nove portate di cui non si conosce nulla ma con grande fiducia ci si affida allo Chef e a quello che ha trovato al mercato, al porto e in macelleria quel giorno. Ed è una sorpresa. Nove portate che sono un tripudio di colori, sapori e inventiva con abbinamenti che mai sarei in grado di concepire e che mai avrei pensato di apprezzare.
Mi piace questo della cucina “alta”. Mi insegna sempre qualcosa. Mi insegna i sapori. Mi istruisce sui diversi gusti. Mi apre gli orizzonti e mi fa capire quanto possa essere stata limitata la mia esperienza del cibo fino a quel momento. La cucina è disciplina ed è difficoltà. Difficoltà nell’apprezzare ciò che si sta assaporando perché complesso o inusuale. Disciplina nell’abituare il palato a novità e improvvisazioni. Ed è scoperta, continua, su come qualsiasi cibo, anche il più umile e comune, possa diventare qualcosa di grandioso.
La cultura gastronomica è un’eredità meravigliosa e un privilegio di cui abbiamo la fortuna di godere in quanto italiani. Apre la mente e apre gli orizzonti. Apre lo stomaco sì, ma espande anche la nostra capacità di aprirci al diverso e sappiamo bene quanto ne abbiamo bisogno.