Paura del buio
Ho paura del buio.
L’umano forse ha dimenticato che anche i cani possono aver paura del buio.
Anche da cucciolo avevo paura del buio. Quando l’umano mi ha portato a casa sua per la prima volta ho pianto disperatamente per tutte le ore di oscurità. Mi aveva lasciato da solo in una cantina buia e fredda, derubandomi del calore del corpo di mamma, e anche i miei fratelli non c’erano più.
Era un umano cattivo pensavo, e intanto piangevo senza poter comprendere tanta crudeltà.
Il pianto e la sofferenza durarono diverse notti.
Non sopportavo di stare rinchiuso in un posto così scuro, di avvertire la paura farsi largo nel mio piccolo cuore abbandonato. Ma soprattutto non sopportavo di stare solo. Come farlo capire all’umano che aveva invaso e sconvolto la mia vita?
Alla fine lo capì.
Me ne accorsi perché un giorno ebbi libero accesso a tutte le stanze della casa e finì che scelsi il tappetino vicino al caminetto per passare la notte. Tra la fiamma che moriva lasciando braci infuocate e la luce che filtrava dalle persiane non ero più al buio e non avevo più paura.
Il tempo passava e il tappetino diventò un cesto con cuscino. Stavo da dio! La notte non mi spaventava più. Avevo affinato l’udito e l’olfatto, dormivo con un occhio solo ed ero pronto a saltar su se ce ne fosse stato bisogno.
Fare la guardia a quella che era ormai casa mia mi era diventato naturale.
Una volta ho sorpreso un ladro.
Rumori nel cuore della notte. Avevo rizzato le orecchie e, grazie alla fioca luce proveniente dalle persiane e al mio ottimo udito, mi ero diretto a colpo sicuro verso la porta finestra della cucina. L’umano ladruncolo era riuscito a entrare senza fare troppo rumore, ma non aveva fatto i conti con il sottoscritto. Invece di abbaiare ero strisciato alle spalle dell’ignaro umano e zac! Lo afferrai per un polpaccio e resistetti ai suoi calci fino a che non fuggì uscendo da dove era entrato. La striscia di sangue per terra testimoniava il mio impegno e la mia soddisfazione nel compiere quello che ritenevo essere il mio dovere.
Per ricompensa da quella sera ho dormito con l’umano, sul suo letto.
Non ero più solo.
Sono stati anni veloci.
Io e il mio umano siamo andati molto in giro, abbiamo visitato luoghi belli dove spesso non potevo nemmeno entrare, così che qualche multa lui l’ha pagata a causa mia.
Siamo stati al mare, cercando una spiaggia dove anche io potessi accedere. Non capivo perché non potessi stendermi sulla sabbia calda. Avevano paura che sporcassi. Ma gli umani sporcano molto più di me, lasciano carte e cicche di sigaretta e perfino bottiglie, ignorando cestini e differenziata. Boh. Non ci ho mai capito molto dei ragionamenti umani.
Non capivo perché non potessi stendermi sulla sabbia calda.
Siamo stati anche in montagna, ho preso la seggiovia e la funivia, ho percorso sentieri impervi. Se qualche volta ho inseguito caprioli e cervi o stanato marmotte è stato per puro amore di libertà, ma poi tornavo sempre. L’umano da un lato mi rimproverava, dall’altro sorrideva ed era fiero di me.
Ecco, ho sempre fatto di tutto perché si sentisse fiero di me.
È per questo che ora non capisco.
Non capisco perché mi ritrovo in un posto buio, come quando ero cucciolo, solo come allora.
Anche il mio umano ha fatto un po’ di pelo bianco, ma cosa c’entra, è sempre lui
È il normale divenire dell’età credo. Anche il mio umano ha fatto un po’ di pelo bianco, ma cosa c’entra, è sempre lui. Anche se non mi vuole più sul letto. Anche se si arrabbia quando non riesco a trattenermi e i miei bisogni si spalmano sui tappeti di casa. Non lo faccio apposta, capita e non so nemmeno perché. Mi dispiace che lui si arrabbi. Cerco di farmi piccolo, di restare steso sotto un tavolo, o in un angolo per non disturbarlo, ma ogni tanto devo provare a muovermi. Sì, vado ciondolando, me ne rendo conto, e poiché non ci vedo finisce che lui s’incespica su di me che gli carambolo fra i piedi. Con la conseguenza che si arrabbia ancora di più.
Oggi quando è calato il sole, e cioè ancora molto presto, perché le sere d’inverno sono lunghe, mentre le ore di luce sempre più corte, quando ho cominciato a non vedere neanche le ombre l’umano mi ha messo il guinzaglio e mi ha fatto uscire. Non ne avevo molta voglia, con il freddo aumentano i dolori, ma ero così contento che mi avesse voluto per una passeggiata! Non succedeva da un po’, visto che fatico a camminare. Non fa niente, per lui ero disposto a trascinarmi, l’importante era stare ancora insieme.
Mi ha fatto salire in macchina.
Non sapevo dove andavamo. Dopo un certo tempo siamo arrivati chissà dove e siamo scesi. Non vedo quasi nulla, ma il naso ce l’ho ancora buono, mi è sembrato di sentire odore di campagna, di alberi, di altre creature che mi ricordano le fughe fra i sentieri alpini, o qualcosa di simile. Abbiamo fatto qualche passo, io accanto a lui, fidandomi della sua guida.
Poi non ho più sentito la tensione del guinzaglio addosso. E non ho sentito nemmeno più i suoi passi vicini. Mi sono ritrovato solo nel buio.
Ho scoperto che ho ancora paura del buio, come quando ero cucciolo.
Non ci sono la mamma, i fratelli, e nemmeno l’umano.
Sono da solo, nella notte fredda.
Mi sono accucciato tremando, con il cuore che batteva a mille. Ho pianto come la prima volta nella casa dell’umano. Non riesco a capire dove mi trovo e perché sono qui. Ho paura. E l’umano dov’è? Gli è successo qualcosa? Forse gli è successo qualcosa e io sto qui a piangere come un cucciolo!
Fra i pensieri terrorizzati tante immagini di noi due in tutti questi anni, insieme ovunque.
Mi faccio coraggio e mi alzo. Se il mio umano ha bisogno di me, io lo troverò. Di sicuro sente la mia mancanza, non può essere diversamente.
Alzo il muso nell’aria umida e annuso. Mi sembra di fiutare, lontano, l’odore di casa e di lui. È là che lo troverò. È là che c’è bisogno di me.
Non resta che andare.
Un passo alla volta, lentamente, ritornerò a casa.
E saremo ancora insieme.