La malinconia d’autunno
L’ingiallirsi delle foglie ce lo sussurra tutte le mattine: l’autunno è arrivato. I caldarrostari e i nuclei che li attorniano e si scaldano le mani con castagne o marroni ci fanno scoprire che anche questa stagione malinconica ha i suoi lati positivi. E molti, anche. Due fra tutti sono quelli che proporrò a seguire. Un libro a parer mio molto autunnale, “Non lasciarmi”, di Kazuo Ishiguro, ed una ricetta che non necessita di sottotitoli per definirsi di stagione di questi tempi, l’orzotto alla zucca. Con il mio tocco personale, che propone la zucca in versione speziata, insaporita con tartufata e stracchino.
“Non lasciarmi” è uno di quei libri di cui resta traccia a lungo, meriterebbe un gruppo di lettura per poter essere esplorato nei mille spunti che sfiora e poi rifugge. È la storia di tre bambini, della loro crescita in quello che sembra essere un orfanotrofio ma non lo è del tutto. A tratti malinconico, a tratti inquietante, costantemente disperato e commovente. Ciò che più mi è rimasto impresso di questo libro è la delicatezza con cui è descritta l’amicizia triangolare fra Kathie, Ruth e Tommy in tutte le sue sfaccettature, la loro continua tensione verso l’affetto nonostante i ripetuti piccoli dissidi interni, che diventano grandi perché l’amicizia fra i tre è qualcosa di grande e merita un’enorme impegno, cura, serietà. Attorno a loro qualcosa va avanti, in maniera indecifrabile, un progetto di cui sanno pochissimo e di cui sono parte passiva.
Si potrebbe citare l’intero libro o anche non citarne nessun passaggio, in quanto Ishiguro non si presta bene alle facili citazioni decontestualizzate ed ogni descrizione, ogni riflessione che inserisce assume valore in base al contesto, al legame che il lettore instaura con i tre protagonisti. Sfuggire così abilmente alla retorica non è da tutti. Purtuttavia, ho scelto qualche citazione fra quelle che mi hanno colpito.
A voi.
“Nelle famiglie dei nuovi arrivati ci sono molti anziani. Anziani che indossano gli stessi abiti da anni. Li hanno portati con sé, insieme ai loro averi e alle suppellettili che si sono trascinati dietro durante il trasloco. E in quelle case in cui sono entrati senza chiave, gli anziani sono stati messi a sedere al centro del salone, in modo che tutti i membri della famiglia possano vederli, forse per paura di dimenticarsene.”
“Non avevo pensato di scoppiare a piangere o arrabbiarmi o fare qualcosa del genere. Decisi semplicemente di voltarmi e sparire. Anche in seguito, quello stesso giorno, mi resi conto di aver commesso un terribile errore. L’unica cosa che posso dire è che in quel momento ciò che temevo di più era che uno dei due se ne andasse per primo, e io rimanessi sola con l’altro. Non so perché, ma sembrava non ci fosse scelta, uno soltanto poteva correre via, e volevo essere certa che quella fossi io. Così mi girai e mi allontanai da dove ero venuta, oltre le lapidi in direzione del cancelletto di legno, e per parecchi minuti mi sembrò di esserne uscita vincitrice, perché adesso che erano soli, entrambi dovevano sopportare un destino che meritavano fino in fondo.”
“La prima volta che cogli l’immagine di te attraverso gli occhi di una persona simile, è una sensazione tremenda. È come passare davanti a uno specchio davanti al quale sei passata ogni giorno della tua vita, e che all’improvviso riflette qualcos’altro, qualcosa di strano e inquietante”
“Era una sensazione gradevole, e ricordo anche di aver pensato un paio di volte a come sarebbe stato bello se l’opportunità non si fosse presentata per chissà quanto tempo, così che questa bell’atmosfera fra noi due potesse durare per sempre.”
L’isolamento, la solitudine, la fuga per rompere una triangolazione che ricorda l’Inferno esistenzialista di Sartre, l’estraneità nel vedersi con occhi altrui, la voglia che un favore fatto ad un’amica non sia mai ricambiato e che il suo sentirsi in debito e la sua prostrazione possano durare in eterno. Pensieri di bambini? No. Ma descritti con l’ingenuità delle loro voci, con semplificazioni che avanzando mettono in luce complessità. La copertina dell’edizione italiana raffigura una ragazza stretta in un cappotto, ma anche nel suo contenuto “Non lasciarmi” è così intimo, impenetrabile, criptico, nostalgico che si presta alla malinconia delle riflessioni autunnali.
Le quali, ovviamente, possono essere accompagnate da un pasto -che sappia anch’esso di autunno– che possa riscaldare le serate di lettura.
Il mio orzotto alla zucca
Ingredienti:
- Orzo perlato
- Zucca gialla con i semi
- Cipolla
- Brodo vegetale
- Salsa tartufata
- Stracchino
- Parmigiano
- Noce moscata
- Curry
- Rosmarino
- Salvia
- Prezzemolo
- Vino bianco
- Burro
- Olio, sale, pepe, aglio
Lessate l’orzo sin da subito, visto che è il procedimento più lungo. Dividete anche la zucca a metà e cuocetene in forno una delle due parti insieme ai suoi semi, alla noce moscata, rosmarino, salvia, curry, olio, pepe e uno spicchio d’aglio a fettine: anch’essa impiegherà qualche tempo per cuocere.
Intanto, con calma, preparate un soffritto di cipolla al quale aggiungerete la zucca dopo averla leggerissimamente scottata nell’acqua di cottura dell’orzo, e un po’ di noce moscata e salvia. Quando la zucca è cotta, appena dorata, aggiungete l’orzo, prima che esso raggiunga la piena bollitura nell’altra pentola: sfumatelo con un goccio di vino e poi aggiungete il brodo necessario a far sì che completi la cottura insieme alla zucca e al soffritto. A cottura ultimata, mantecate con burro e parmigiano e tagliuzzate il prezzemolo nel vostro orzotto. Tirate fuori la zucca dal forno e disponete gli ingredienti: l’orzotto, poi le fette di zucca ai lati, ancora un po’ di parmigiano e una spolverata di pepe, e a guarnire il tutto, tartufata e una cucchiaiata generosa di stracchino da ripartire fra orzotto e zucca speziata. Disponete i semi di zucca tostati come decorazione: daranno un tocco croccante al tutto. Quando è ancora tutto bollente, coprite per un minuto o due il piatto: lo stracchino si scioglierà trasformandosi in una leggera e delicata velatura.
Allora: l’autunno non è poi così male, no?