Un piccolo pescatore sul Nilo
Sabato 24 ottobre 2015, a Palermo, nella “sala degli specchi” di Villa Niscemi, l’Associazione Kaleidos Natale Patti ha presentato il libro: Un piccolo pescatore sul Nilo di Hussein Youssef Marzouk. La Presidente dell’Associazione Anna Patti e lo scrittore Giorgio D’Amato, hanno conversato con l’autore.
La presentazione ha avuto inizio con le note di Bach, interpretate dalla viola di Valerio Vassallo. Federico Mosca ha letto alcuni brani.
Il Sogno
Ho sognato il Nilo, il fiume che feconda e arricchisce l’Egitto e dal quale io bevevo e pescavo, trasformarsi in un letto arido e pieno di spine circondato dal deserto del Sahara. Sconcertato, mi sono messo a scavare alla ricerca di acqua e ho trovato una sorgente dalla quale però mi era consentito solo dare da bere ad altri, ma mai riceverne.
Poi ho cominciato a vedere qualche palma sotto la cui ombra potevo trovare momentaneo ristoro. La mattina bagnavo la lingua con la rugiada, ma rimanevo sempre assetato.
Camminando, esausto, ho raggiunto un’altra sorgente. Sentivo già l’acqua fresca bagnare la mia bocca riarsa, ma quando ho iniziato a bere sono stato colpito da un sapore amaro e ogni sorso aumentava la mia sete.
Nel frattempo intorno alla sorgente sono cresciute tre palme, mi sono riposato all’ombra di queste e ogni secondo che passava faceva crescere in me l’affetto verso queste piante.
Seduto sotto di loro ho scorto in lontananza un laghetto, ma non sapevo se si trattasse di un miraggio oppure di una pozza di acqua dolce o salata.
Hussein ci porta in un vissuto sacrificale dove il dolore è struttura portante alla trama della sua vita.
Con linguaggio apparentemente ingenuo ma intenso, intesse un fraseggio semplice dai significati profondi.
Nato in un piccolo villaggio di pescatori, rimane orfano in tenera età con la sconcertante convinzione di essere stato la causa della morte della madre: vittima e colpevole del suo destino. Ciò contribuisce ad aumentare la limitata fiducia in se stesso, l’incapacità di ascoltare le proprie potenzialità. Si pone allora di fronte al suo vissuto a testa bassa, osservando la sua vita insicuro, e nel silenzio. Eppure non abbandona mai gli studi, non solo per le sue elevate doti intellettive ma per una serie di contingenze, di sincronie inevitabili.
Cresce nel vuoto della solitudine dentro una storia costellata di eventi dolorosi, e con il lavoro soffoca la sofferenza nel suo fiume portatore di vita.
L’assenza dell’amore materno, ferita mai rimarginata, non troverà eco d’anima muliebre o equilibrio nel sentimento puro. La forza del piccolo pescatore sul Nilo si riflette nelle sue fragilità, perché è a quel livello che ha trovato le risposte, nelle relazioni con gli altri e con se stesso, ritrovandosi e ripercorrendo un lungo viaggio interiore attraverso la scrittura.
Intuisco che è lui, ci presentano, non diciamo nulla, solo una stretta di mano e un sorriso che conosco. Lo conobbi vent’anni fa, non Hussein di persona, ma quel sorriso. Partecipavo a un viaggio in Egitto in occasione del Primo Seminario di studi tra l’Università di Palermo e la Cairo University. Quel sorriso nei volti dei miei colleghi universitari cairoti, del Preside della Facoltà, dei docenti, della guida turistica.
Quel sorriso del droghiere, del proprietario del locale dove prendevamo il karkadè. Il sorriso allegro dei bambini, dei contadini, della gente comune.
Il sorriso dei pescatori e di quella donna fiera che mi offriva lenticchie rosse. Il contrasto brillante tra la pelle bruna e la seta azzurra del suo hijab, memoria di questa madre terra e del suo fiume, connubio di vita.
Quei colori, ancora nitidi, li ho ritrovati stasera, in questa sala.
Ora le tre palme sono cresciute ed io mi allontanerò da loro affinché offrano ristoro a qualche altro viandante.
Procederò verso la mia meta che ho scoperto non essere un miraggio ma una sorgente di acqua dolce che sgorga in me placando costantemente la mia sete.