La logica dell’immaginazione
Alfred Hitchcock diceva che “c’è una cosa più importante della logica: l’immaginazione“. Sono state tante, forse troppe le volte in cui ho assistito alla denigrazione di questa facoltà per me indispensabile nella vita di ogni essere vivente. Dico essere vivente perché sono, tra le altre cose, fermamente convinta che anche gli animali immaginino situazioni e valutino possibilità nella loro mente. Ne avevo avuto la prova in Australia quando il lucertolone che stava attraversando la strada ha avuto qualche esitazione e momento di panico nel decidersi su quale direzione prendere per scappare dal pericolo incombente rappresentato dalla mia macchina in arrivo. Ne avevo già parlato qui.
poi sono arrivati coloro che dell’immaginazione non se ne facevano nulla
Platone, dal canto suo, aveva individuato come sede dell’immaginazione il fegato, che in realtà si allontana di poco dal fatto che ogni volta in cui ci si immagina il peggio di una situazione, quello che rode è il fegato (e non solo). Però è anche vero che quando vaghiamo con i pensieri e cerchiamo di dipingere quadretti bucolici di avvenimenti per i quali ci auguriamo risvolti positivi, quello che ne giova è il cuore, e del fegato non ce ne occupiamo affatto. Come la mettiamo?
Per fortuna ci ha pensato Aristotele a riportare un po’ di dignità alla povera immaginazione, definendola come parte di quel processo che porta alla conoscenza poiché aiuta ad interpretare i segnali ricevuti dalla percezione traducendola in immagini comprensibili alla nostra mente. Nonostante ciò, ancora non assumeva il suo pieno potere perché la precedenza, secondo il filosofo, veniva comunque data alla percezione stessa. Infatti, la sensazione percepita mette il cervello in stand-by e la sfera del sensibile prevale su quella dell’immaginato… la solita faida tra concreto e astratto in poche parole.
L’immaginazione è la prima fonte della felicità umana
Se sei una persona che lavora di immaginazione, sei un visionario, sei uno Steve Jobs dei poveri che mai farà nulla della sua vita. Sei “un artista” e mai come in questo periodo ti viene sputato addosso quasi come un insulto. Vorrei capire qual è la logica che regna dietro queste affermazioni. Ben conscia del fatto che sto largamente generalizzando e che non molti, sulla carta, sarebbero d’accordo, mi sento comunque in dovere di difendere a spada tratta la mia capacità di sorridere in un giorno penoso, perché quello che vedo io è diverso da quello che vedono molti.
Nel corso degli anni c’ero cascata. Siete stati capaci di distruggere la mia capacità di immaginazione recludendomi nel solo mondo della logica, del razionale, del capire il perché che giace (perché è proprio morto per me) dietro ogni azione, decisione e reazione, ma la verità è che spesso, se non sempre, un perché non c’è. Semplicemente certe sensazioni non si spiegano, si sentono. Certi eventi non hanno un motivo, accadono.
Semplicemente certe sensazioni non si spiegano, si sentono
Io della mia facoltà immaginativa ne faccio il mio pilastro. E come diceva Keats “la mia immaginazione è un monastero e io sono un monaco“.