Retropensieri sul gelato alla stracciatella
Il gelato alla stracciatella è uno dei più amati e diffusi. Nonostante non ami affatto questo gusto, se vado in gelateria con amici c’è sempre almeno qualcuno che lo chiede. Sarà che odio il fiordilatte, insulso a mio parere, sarà che non apprezzo il cioccolato fondente (e qui immagino già le facce schifate dei gourmet), ma quella poltiglia bianca in cui annegano pezzi a caso di cacao marrone scuro proprio non mi convince.
Giusto ieri un amico bergamasco mi ha raccontato come è stata inventata la stracciatella. L’idea si deve a Enrico Panattoni, che a metà del secolo scorso aprì la gelateria-pasticceria “La Marianna“, in città alta. Passata la Pasqua del 1953, si ritrovò però con tante uova di cioccolato fondente non vendute (non al latte, vorrei far spocchiosamente notare) e, con l’incedere della stagione estiva, l’unica soluzione che gli venne in mente per consumarle fu di spezzettarle nel fiordilatte. Et voilà la stracciatella.
I più informati e i bergamaschi sapranno inoltre che Panattoni, morto nel 2013 a 83 anni, era il padre di Mirko, il primo bimbo rapito in Italia e per fortuna liberato dopo diciotto giorni di sequestro. Ma non è la sua vita privata né l’aneddotica sul gelato il punto. Lo sono piuttosto i retropensieri che covavo giusto l’altro giorno in gelateria. Una sorta di abecedario dei tipi umani. Per esempio c’è chi entra e chiede sempre i soliti gusti o prende solo i tradizionali: crema e cioccolato, fragola e limone, se proprio vuole trasgredire il pistacchio. E mi chiedo: saranno persone reazionarie, che solo la parola computer è troppo inglese, troppo nuova, troppo poco ortodossa?
Non mancano mai gli esuberanti “menta e liquirizia”, persone con un coraggio innato oppure con la sindrome di Peter Pan, perché di fatto quelli sono i gusti delle caramelle. Chi invece prende caffè, tiramisù, malaga o zuppa inglese mi sa di pantofolaio, di persona che uscita dalla gelateria tornerà a casa, si infilerà il pigiama a quadri con le pantofole di pelo e scalderà una tazza di caffè americano mentre accende la tv.
Chi punta sui variegati – amarena, bacio e le mille combinazioni ora sul mercato – è un eterno insoddisfatto, vuole sempre qualcosa in più. Quelli che ammiro, invece, sono gli eccessivi. Gente che si piglia cialde e coppe da 4 gusti e guarnendole con panna montata, cioccolata e frutta secca. Loro potrebbero sapere che cosa vuol dire godersi la vita. O forse potrebbero avere il verme solitario. Sono dei reazionari ribelli che mescolano il fiordilatte al cioccolato fondente, perché magari la tradizione li ha stufati ma non hanno il coraggio di dare una svolta definitiva
E poi ci sono i tipi da stracciatella, che proprio no, non li si può definire. Sono in bilico tra vecchio e nuovo, sono dei reazionari ribelli che mescolano il fiordilatte al cioccolato fondente, perché magari la tradizione li ha stufati ma non hanno il coraggio di dare una svolta definitiva come gli amici dell’after eights.
E mentre maturo queste riflessioni penso che il gelato ai semi di zucca e ricotta di pecora forse non è stata un’idea geniale.