La partita del cuore spezzato
Capita spesso ad attori e attrici di essere convocati per qualche partita di beneficenza e solidarietà. Ebbene venne il tempo della partita del cuore. Tutti in campo. Compagni e avversari: prestanti giovini capaci e villosi, testosteronici e abbronzati. Tutti assolutamente maschi. E poi anche io che, tranne il “villoso” (elemento caratteristico della muliebre calabresità), non avevo nulla di simile a tutti questi fanciulli che mi sudavano intorno. Effluvi inebrianti, olezzi da metropolitana all’ora di punta, afrori di tiglio e gelsomino andati a male e conservati nelle acque stantie degli stagni mesopotamici, allungati con un trito d’aglio dell’Arizona e con una spalmata di gorgonzola sopra un letto di crema d’asparagi e pecorino. Era forse un modo per anestetizzarmi ed impedirmi di dare prova delle mie abilità. Tentativo vano. Feci due gol su tre portando la mia squadra di ipertrofica gente da palestra accaventiquattro alla vittoria. Ma tra il fischio d’inizio e quello finale si alternarono vicende assai strane. Innanzitutto bisogna precisare che io volevo la maglia rosa per distinguermi da tutti i maschi presenti, ma qualcuno mi disse che la maglia rosa la mettono i ciclisti, evidentemente il ciclismo è uno sport per sole donne amanti dell’estetica tradizionale. Allora dissi che volevo la maglia fucsia di quel signore e mi risposero che non era possibile perché quel signore era l’arbitro… machemeneimportamè? Lui si mette la mia e io la sua, il tempo di portarla in sartoria per farla un poco più avvitata ed era fatta. Niente, non ci fu verso, dovetti giocare con la maglia uguale a quella dei miei compagni di squadra (arricchita per l’occasione di paiet e stras) e la giacca di pelle sopra ché faceva troppo freddo per lasciare i gomiti scoperti. Risolto il problema della divisa iniziai a volteggiare nell’area avversaria come una libellula aggraziata nel giorno della sua prima comunione. Ma gli avversari rosiconi, forse per innervosirmi, mi dissero irriverenti Guarda che lì sei in fuorigioco… Li guardai storto e replicai stizzita e sussiegosa ché se mai e poi mai una donna a modino come me potrebbe essere fuori posto, come potrebbe addirittura essere fuori gioco? Ero perfettamente in
Allora dissi che volevo la maglia fucsia di quel signore e mi risposero che non era possibile perché quel signore era l’arbitro
gioco e non avevo intenzione di perdere. Tutta invidia. E invidia soprattutto per le mie scarpe. In origine sotto la pianta erano piene di fastidiosissimi piccoli tacchetti, tutti però alla stessa altezza tanto da non slanciare granché la mia longilinea figura. Allora, forte della mia artigianale abilità, li staccai tutti, li incollai l’uno sull’altro e le feci diventare un paio di scarpe taccododici chesciual e di tendenza. Poi uno disse Mi raccomando: marcature ad uomo e a me non si avvicinò nessuno, cosa che mi consentì la realizzazione del primo gol. Allora il capitano degli avversari disse ai difensori Ma la volete marcare ad Alessia o no? Ed io pensai Alessia? Alessia sarei io? Io non sono Alessia mio caro, ora ti faccio vedere cosa vuol dire non stare attento quando ti dico il mio nome. Strategicamente mi avvicinai a tutti i difensori dicendo in modo dolce e suadente Scusate brava gente se non mi sono ancora presentata ma avevo lo smalto fresco e il frenc appena fatto. Io sono Annalisa Insardà, detta anche semplicemente Annalisa, quindi se volete potete chiamarmi solo Annalisa piuttosto che Annalisa Insardà. E questi, totalmente presi dalla ricerca dell’Alessia da marcare, si dimenticarono di me, cosa che facilitò notevolmente la realizzazione del mio secondo gol. Poi qualcuno deve aver fatto anche il terzo, me ne accorsi perché l’omino in fucsia mi disse di tornare nella mia metà campo ché dopo un gol si comincia daccapo. E che ti urli? Adesso ci vado ma vado piano sennò sudo e addio mascara. Detesto gli uomini che alzano la voce! Ecchecavolo! Dopo il terzo gol gli avversari si risvegliarono prendendo d’assalto la nostra porta. Un assedio in piena regola, pressing soffocante tanto da far faticare la mia squadra in modo estenuante. I miei compagni non ce la facevano più.
E mentre io guardavo questa dura battaglia spazzolando i capelli dall’altra parte del campo, il mister mi disse con un grande trasporto che lo fece diventare paonazzo, quasi un grido disperato Annalisa devi tornare però… e lì la grande passione che avevo per lui sfociò in amore. Mi chiedeva di tornare… che tenero! Evidentemente anche lui mi amava e non poteva stare senza di me. Dunque se si chiama partita del cuore un motivo ci sarà! Allora tornai da lui e presi la lista di nozze che tenevo ripiegata nei calzettoni (la porto sempre con me per essere preparata nel caso in cui si presenti all’improvviso il grande amore della mia vita) e gliela sottoposi. Lui mi guardò un po’ inebetito e mi disse: <Ma che hai capito?! Vai a dare una mano ai tuoi compagni>. <Io? Ma vacci tu scusa che io intanto passo in gioielleria a prendere le fedi>. <Ho capito Annalisa, allora ti sostituisco con un difensore>. <Che fai tu? Mi sostituisci con un difensore? Sei ghei? Guarda io sono moderna e non mi interessa se mi tradisci con un uomo o con una donna, il punto è che mi tradisci, riceverai presto la lettera del mio avvocato per gli accordi sulla separazione. Addio per sempre mio caro e non chiedermi mai più di tornare perché non lo farò. Andrò a Uomini e donne per tentare di rifarmi una vita. Ciaone>. E me ne andai straziata nei miei sentimenti più autentici e profondi. E quella che era serenamente iniziata come “la partita del cuore” finì sommessamente come “la partita del cuore spezzato”.