Il dialetto: scudo per litigi selvaggi
Avete mai notato come cambia il vostro modo di parlare quando state litigando?
Il registro formale si va a far benedire all’istante.
È difficile arrabbiarsi formalmente.
Quando una situazione, una persona, qualsiasi cosa, ci fa perdere le staffe, ecco che appare un nostro grande alleato linguistico: il dialetto.
Recentemente ho avuto l’opportunità di iniziare a scoprire la storia dell’educazione linguistica in Italia: la ricerca di una lingua standard, dialettofobia, dibattiti, leggi. Un mondo interessantissimo.
Ho cominciato a venire in contatto con idee del tipo “l’unica differenza tra una lingua e un dialetto è il prestigio sociale”. Pensieri nuovi, che cominciano a ronzare nella testa.
Idee molto diverse da quel “Luigi non parlare in romanaccio!” che tuonavano le mie maestre delle elementari a un mio compagno di classe.
Insomma, la mente prende il volo e comincia a riflettere su quale sia il modo appropriato per esprimersi, quale sia il confine tra l’ ipocrisia linguistica di un testo espresso in un linguaggio “difficile”, ma in italiano standard, e la cosiddetta “ignoranza” di un testo che invece si avvale di espressioni dialettali.
È un discorso complicato, interessante e stimolante che mi piacerebbe approfondire presto.
Al momento, però, di una cosa sono assolutamente certa: l’importanza di un dialetto in un litigio.
Parliamoci chiaro, discutere con qualcuno a suon di espressioni formali è difficile, molto difficile. Quelle frasi ciniche, perfette e gelide vengono in mente soltanto dopo il momento del litigio.
Nel momento del bisogno, nell’immediato presente, c’è solo un grande amico che ci può aiutare a combattere con forza: il dialetto.
Nel momento del bisogno, nell’immediato presente, c’è solo un grande amico che ci può aiutare a combattere con forza: il dialetto.
Non solo può aiutarci ad esprimere meglio alcuni concetti ma spesso, anche se tinto di un po’ di volgarità, bisogna ammettere che colora di ironia le nostre espressioni rendendole più divertenti.
Un esempio?
Vi lascio una divertentissima scena de La grande guerra (1959) di Mario Monicelli.
Qui il dialetto romano aiuta ancora una volta Alberto Sordi ad esprimersi al meglio nel colorito concetto che vuole esprimere.
Buona visione e viva il dialetto, nostro scudo e orgoglio linguistico!
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