Un diamante è per sempre
Lo so, lo so. So a cosa state pensando. E vi dico che è vero. L’ultima frontiera del marketing funebre è questa. Potrete portare il vostro caro estinto al dito sotto forma di anello con diamante. Tutto alla modica cifra di 3mila euro (e se volete scialare, anche 15mila: dipende dai carati che renderà il morto). Scordatevi dunque il pellegrinaggio classico e anche un po’ bucolico del 2 novembre al camposanto del paese, o l’impacchettamento della salma di famiglia nell’urna funeraria sul davanzale del camino (che poi se casca son guai. Per la moquette). Oggi grazie a Diamond la morte diventa un oggetto di lusso. Da far luccicare sotto i led all’happy hour con i colleghi, o semmai a lume di candela in compagnia del consorte di secondo letto.
La cosa vi fa senso? Non siate bacchettoni. In fondo sessant’anni fa ci pensarono già i nazisti a riciclare ossa e cartilagini, trasformando i cadaveri in saponette e bottoni. Perché dunque non elevare il post mortem alla società dei consumi? Se poi Hitler non vi va giù e volete scomodare esempi più illustri e meno bistrattati dalla Storia, potrete sempre invocare la metempsicosi e la trasmigrazione dell’anima. Dal corpo agli oggetti. Tutto fa brodo. L’importante è eternare le spoglie dei propri cari.
Post scriptum: ora che passate davanti a una gioielleria, non dimenticate di farvi il segno della croce. Potrebbe esserci un vostro cugino passato a miglior vita. E, se proprio non ne potete fare a meno, anche una grattatina al pacco delle mutande.